giovedì 15 ottobre 2020

NASCITA D'UN AMICO - sonetto

Scivola fuori dalla gabbia il vino,
passando dentro la fessura stretta.
Scivola fuori, denso, senza fretta,
e scorre lentamente verso il tino.
Non ha più buccia e non è ancor rubino:
s'è aperto l'acino che lo cresceva,
s'è rotto il velo che lo proteggeva,
e l'ha lasciato andare al suo destino.
Non è più mosto e non puoi dirlo vino,
è intenso il suo colore rosa antico,
acerbo come quello d'un bambino.
S'affinerà, lo sai, finché un mattino,
dolce il sapore come un caro amico,
potrai gustare il tuo bicchier di vino.

venerdì 25 settembre 2020

SCONTRO ALLA PIEVE - racconto


Dopo due lunghi secoli la gente s’era ormai abituata ai longobardi. Tutti tranne Lucio, che li odiava per la loro protervia e il disprezzo che mostravano nei confronti dei romani come lui, superiori per cultura, storia e tradizioni, ma irrimediabilmente sconfitti dalla storia, e li odiava perché non vedeva chi potesse rovesciare il loro dominio. Anche Dio, pensava, come aveva potuto permettere che prevalessero loro? E la stessa chiesa, come s’era fatta raggirare dalla loro falsa conversione? Non erano altro che barbari pagani e tali restavano.

venerdì 19 giugno 2020

LA 500L - racconto


Il 20 giugno del 1976 era una domenica radiosa d’inizio estate. Dopo una settimana di piogge, inconsuete per il periodo, il sole s’era fatto largo prepotente fin dal mattino presto.
Poco prima delle otto la 500L, intima e compatta, ma blu, tettuccio apribile, volante piccolo, cloche bassa e soprattutto sedili ribaltabili, risaliva con calma le curve dello sterrato di montagna. Portava un giovanotto allampanato e una morettina tutto pepe: andavano a sposarsi in un minuscolo villaggio nascosto tra i monti: una chiesetta malmessa, una canonica agibile solo in parte, e poche case quasi tutte vuote. Pareva impossibile che quel posto fosse stato vivo, un tempo, e avesse avuto perfino una scuola elementare.

martedì 2 giugno 2020

I POLLACCHI - racconto


«Menchino, dove sei? Vieni fuori, ché i pollacchi son partiti».
Proprio così chiamavano, gli aretini, le truppe del generale Dabrowski: pollacchi con due elle, e lo stesso comandante diventò Don Broschi. Neanche i francesi, del resto, godevano di maggior rispetto tra il popolo, che li chiamava nuvoloni perché ogni loro editto iniziava con le parole Nous Voulons.
Ma c’era poco da ridere, in quella primavera del 1799.

venerdì 29 maggio 2020

EPISODIO 40 - IL SABATO DI SAN BARNABA




"Quelle mura laggiù, che città difendono?»
Mauro e gli altri della guardia osservarono increduli l’indice del Vescovo puntato verso la fila dei palvesi che proteggevano le formazioni guelfe.
Di là dall’Arno, la campana dell’abbazia di Strumi batté l’ora terza d’una giornata già calda. Il vento di libeccio aveva spinto grosse nubi sui prati sommitali del Pratomagno.

EPISODIO 39 - IL GAGGIO DI SFIDA



Nel salone del castello di Poppi il Vescovo aveva disposto, dal canto suo, che gli sterratori si mettessero al lavoro per liberar la pianura da sterpi e cespugli, e da ogni ostacolo che potesse frenare il galoppo dei cavalli: era un rito antico, preparatorio della solenne cerimonia che si chiamava battaglia e che così si svolgeva dai tempi dei tempi.

EPISODIO 38 - TENSIONI DELLA VIGILIA



Alla prima ora del dieci di giugno, in venerdì, il sole indorò le pietre del castello di Poppi. Dall’unica finestra aperta sul muro orientale la luce del mattino penetrò nel salone al primo piano, allungando una scia sul pavimento e sul tavolo centrale. Le pareti affrescate, la travatura del soffitto, il legno delle cassapanche e la pietra del grande camino assunsero un’aura diafana, quasi sacra.
Mauro però, chiamato alla riunione dei Capitani dell'oste ghibellina, vi trovò un’atmosfera tuttaffatto diversa. Come a Bibbiena, colse troppa tensione in quei volti.

EPISODIO 37 - L'ARRIVO A POPPI



Il castello di Poppi dominava e domina ancora la piana dell’Arno, imponente e quadrato, eppure elegante per merito dell’alta torre. Arrivando da Bibbiena, appare da lontano come una sentinella sul fiume e sulle vie che corrono la fertile pianura, disegnata dalla fitta rete di orti e campi coltivati; il bosco che copre il pendio del colle pareva, in quell’inizio di giugno, un fresco nido di fronde, nel quale riposava sicuro anche il borgo. Una cinta di mura raccoglieva quelle case e quasi le costringeva sul breve crinale, dal castello fino alla sagoma dell’Abbazia di San Fedele, protettiva come fa una chioccia con i suoi pulcini.

EPISODIO 36 - CENA A BIBBIENA



Capitani dell’oste aretina sedevano a tavola e si poteva pensare ad un banchetto tra nobili, un’occasione di festa o la firma d’un qualche patto.
In realtà la cena era l’occasione per fare il punto delle forze adunate e concertare il loro schieramento in battaglia e la tattica da seguire. La discussione s’intrecciava animata quando Mauro fece il suo ingresso nel salone.

CAPITOLO 40 - I FIORENTINI ANCORA SCONFITTI


Le spie migliori sono i fanciulli, se quello che vuoi sapere non è troppo complicato e non t’importa che tengano segrete le notizie dopo che te le hanno riferite. Sono svelti, sinceri, s’accontentano di poco, e passano inosservati perché nessuno si cura di loro.
E nella bruma mattutina, mentre una tenue linea di luce orlava il profilo dei monti senza scalfire il buio profondo della valle, appunto un fanciullo, sporco e spettinato, sgusciò via dal castello di Laterina per la postierla dei servi, con un pollo vivo nella destra e due belle forme di pane bianco sotto l’ascella opposta, dono del Giacomino in cambio della soffiata ricevuta: due giorni prima il nemico aveva incredibilmente diviso le proprie forze.

CAPITOLO 39 - ANGHIARI E SANSEPOLCRO


C’è un modo migliore per cacciare i propri dubbi che dare l’assalto ad un borgo fortificato? Se c’è, Vitellozzo non lo conosceva.
Anghiari era il vero baluardo di Firenze sull’alta valle del Tevere, e Anghiari, saputo del passaggio di Vitellozzo col suo esercito, gli chiuse le porte in faccia.
Una sfida.
Tarlatino vide gli occhi del suo signore accendersi, lo zigomo intorno al neo farsi paonazzo, e tesi i tendini del collo.

CAPITOLO 38 - AL CAMPO DELL'OLMO


L’estate s’era ormai impadronita stabilmente dei tormentati declivi che scendono da levante verso la Chiana paludosa, incisi dai solchi d’innumerevoli torrenti, così come li aveva segnati nelle sue carte il Maestro da Vinci. Una teoria di villaggi pareva volersi arrampicare sul versante del monte Lignano per sottrarsi agli acquitrini.
Nella conca tra L’Olmo e la Madonna che dicono di Mezza Strada, due miglia distante da Arezzo e di faccia al sole che calava indolente al tramonto, Vitellozzo aveva stabilito il nuovo campo.

CAPITOLO 37 - IL MIO CARDINALE


Le notizie arrivavano anche dentro il Battifolle, e ciò che si diceva quel lunedì mattina non mi lasciò indifferente.
Giovanni de’ Medici, il mio Cardinale, era arrivato ad Arezzo!
Dovevo assolutamente vederlo e ringraziarlo e baciargli l’anello!
«Anch’io» approvò l’Adele.
Chiedemmo licenza al Canigiani e ci incamminammo verso la città, attraverso sentieri in costa per aggirare il campo aretino del Bastardo. Mariotto venne con noi, perché non si sa mai, disse, due donne sole, di questi tempi!

CAPITOLO 36 - ASSEDIO A CORTONA


Massaggiando in modo più vigoroso del solito il vistoso neo sullo zigomo, Vitellozzo osservava con avida soddisfazione la solida rocca di Cortona. L’imponenza della struttura, per altri assalitori fonte di nervosismo, accendeva in lui la frenesia dell’assalto.
Quella mattina, di buonora, aveva mosso l’esercito, passato la Chiana, e per la strada detta delle Coste era giunto a Cortona, arresasi il giorno prima al Baglioni. La rocca però resisteva e Vitellozzo fremeva per conquistarla. Da quando era arrivato, aveva scorso la cortina a cavallo tre o quattro volte, mostrandosi ai difensori minaccioso e insieme studiando i punti deboli dove concentrare l’attacco. Poi, cedendo ai consigli di Tarlatino, aveva mandato messaggeri a chieder la resa e fissarne le condizioni, sperando dentro di sé in un rifiuto.

mercoledì 20 maggio 2020

IL VETRO INFRANGIBILE - apologo


Nella Roma dei Cesari, al tempo dell’imperatore Tiberio, qualcuno aveva scoperto da poco un nuovo metodo per lavorare il vetro: soffiando con una canna nel composto incandescente appena tolto dalla fornace, si poteva dar forma ad oggetti utili e bellissimi. Questo nuovo metodo aveva abbassato di molto i costi di produzione, il vetro era diventato un prodotto popolare e così nell’Urbe erano fiorite decine di botteghe di vetrai. Plinio il Vecchio racconta la storia di uno di loro, senza tuttavia dirci il suo nome.

sabato 16 maggio 2020

CAPITOLO 35 - FUGA DAL BASTARDO


Il fracasso della porta spalancata all’improvviso abbatté la mia illusione d’aver trovato finalmente il posto adatto per condurvi una vita tranquilla. La prossima tribolazione aveva gli occhi sgranati sulla faccia smunta d’un lavorante malmesso, che nella concitazione inciampò sulla soglia della sacrestia e mancò poco finisse lungo disteso sui lastroni dell’impiantito.

CAPITOLO 34 - I PIANI DEGLI ARETINI


Ma l’esercito aretino non sarebbe arrivato, almeno per quella notte: messo a fuoco il castello di Quarata e a sacco il borgo, i giovani di Arezzo e le Compagnie degli alleati si dettero alla baldoria, a spese dei Quaratini, che alla fine pagavano il fio della loro antica fedeltà a Firenze.
Nella chiesa del borgo, unico luogo con un po’ di pace, Piero de’ Medici, spinto da Fabio Orsini, chiese a Vitellozzo di riunire i Capitani per decidere la condotta da tenere.
Era arrivata la nuova della fuga del Giacomino, e dunque bisognava muoversi. Come dicevano i fabbri del Casentino, il ferro va battuto quando è caldo.

CAPITOLO 33 - I FIORENTINI IN FUGA


Il nome stesso del Castelluccio dice che non era granché, militarmente parlando, e tuttavia il Giacomino l’aveva valutato più sicuro di Quarata, per essere di là dall’Arno rispetto ad Arezzo, ed insieme assai ben difendibile e abbastanza vicino alla città per quando fosse venuto il momento di attaccare.
Davanti all’impaziente Commissario, nell’assolato pomeriggio, un soldato ansimante ed esausto stava piegato in due, cercando di recuperare un poco di fiato. Era bagnato fradicio e suscitava la compassione dei suoi colleghi intorno, senza però smuovere lo sguardo duro del Giacomino.

CAPITOLO 32 - LA PRESA DELLA FORTEZZA


Il sabato 18 di giugno Nerone non stava nella pelle. Quindici giorni c’erano voluti, due intere settimane di scaramucce manovre e discussioni, per arrivare finalmente a dar l’assalto alla Fortezza. A che serve aver preso la città se i Fiorentini tengono la Cittadella? Lo aveva ripetuto infinite volte a Vitellozzo, negli ultimi giorni. Lo aveva detto a Giampaolo Baglioni al suo arrivo in città, il  martedì precedente.

CAPITOLO 31 - UNA SETTIMANA MOVIMENTATA


Il mercoledì, giorno dopo l’arrivo di Vitellozzo, Nerone condusse le sue bande alla conquista del Casentino, arrivando fino a prendere Rassina quasi senza colpo ferire.
Al suo fianco Maestro Leonardo osservava la stretta valle, attento ad ogni anfratto, alle svolte dell’Arno, ai fossi, alle radure, ai castelli, alle strade montane che varcavano il Pratomagno, per scendere il versante del Valdarno, o le pendici del Mugello, verso Firenze.

EPISODIO 35 - VERSO CAMPALDINO



Fra Giacomo, uscito come ogni mattina con scopa e badile a pulir lo spiazzo davanti al convento, s’appoggiò al Murello pensieroso: c’era una calma innaturale, per le vie d’Arezzo, deserte nonostante la bella stagione. Niente chiasso di bimbi, né ciarlar di comari; fermo il via vai dei commerci, assenti le usuali ronde di armati, nessun prete che salisse al Duomo o chierico che s’avviasse allo Studio; silenziosi pure i cantieri che di solito assordavano la città col loro fracasso. Sotto di lui, lungo la Ruga Mastra, era deserto anche il cantiere di casa Mauri.

EPISODIO 34 - AMORE E GUERRA



L’appuntamento con gli sposi era fissato per un’ora prima di nona, ma già da un pezzo Guglielmino si trovava all’interno della sua Cattedrale, in contemplazione. Si sorprese ad accarezzare i bronzi del Campanella appoggiati in un angolo, e pensò che forse non sarebbe riuscito a veder chiuse le bifore dell’abside con vetrate policrome come quelle ammirate a Lione, durante il concilio del '74. Vagò per il tempio e desirerò di esservi sepolto, per udire, dalla dimora eterna, le note del canto gregoriano spandersi per le navate prima di raggiungerlo presso il Trono dell’Altissimo. Un senso di vertigine lo costrinse a sedersi su una panca addossata al muro di mancina, dove uno scalpellino aveva lasciato le pietre sbozzate e gli arnesi per farne un altare.

EPISODIO 33 - UNA FESTA INTERROTTA




Dopo laudi, Guglielmino s’era trattenuto nella cappella di San Gregorio, consumando in preghiera le ore della mattina. Era quasi sesta quando una mano posata sulla sua spalla lo fece trasalire. L’Arcidiacono di Cattedrale, un giovane prete magro e dal colorito slavato, gli si rivolse rispettoso: «Perdonate, monsignor Vescovo, ma il Podestà è qui e chiede di parlarvi»

EPISODIO 32 - VERSO LE NOZZE



Andavano al piccolo trotto, i cavalli dei Mauri, lungo la via Maggiore, diretti alla città. Andavano al piccolo trotto per non sollevare troppa polvere e rovinare le vesti da cerimonia dei signori o le corazze tirate a lucido degli armati. Sventolava festosa la mezzaluna d’argento e la pantera rampante sui vessilli. Il fedele Oddo conduceva, di fianco al suo, il cavallo bianco destinato a portare la sposa a Muciafora, bardato con finimenti dorati e gravato della sella da donna usata a suo tempo dalla Ilde.

EPISODIO 31 - SABATO 4 GIUGNO 1289



Una luna quasi piena rischiarava la notte stellata, gettando un raggio fin dentro la camera di Mauro. L’alba del 4 di giugno avrebbe illuminato tra poco il sabato fissato per le nozze.
L’agitazione gli aveva impedito di chiudere occhio: il momento atteso era finalmente giunto. Stava per avere la sua Berta e cominciava per lui una vita nuova, da uomo. Al confronto sbiadiva la memoria dell’investitura a cavaliere, che pure tanto lo aveva inorgoglito, o l’esordio in battaglia, sul San Donato. Già sentiva l’onore d’esser lui, ora, la famiglia Mauri, e di aggiungere un anello alla catena delle generazioni.

martedì 12 maggio 2020

L'ULTIMO EREMO - racconto


Quel pomeriggio di primavera del 1025, regnando Nostro Signore Gesù Cristo, un cielo plumbeo prometteva rovesci.
Teodaldo sedette sotto un ulivo, sulla sommità del colle del Pionta, come faceva spesso, per riflettere e pregare in solitudine. Ignorando il tempo, poggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Si sentiva triste, sfiduciato, stanco.

venerdì 8 maggio 2020

EPISODIO 30: FIRENZE VA ALLA GUERRA


Rinaldo dei Bostoli non stava nella pelle dalla gioia. Nella grande spianata l’accampamento cresceva ogni giorno per l’affluenza di nuove compagnie. Finalmente il Comune aveva deciso la guerra e le insegne della Lega Guelfa sventolavano davanti alla Badia di Ripoli, chiamando all’arruolamento. Merito dello Zoppo, pensò Rinaldo.

EPISODIO 29: ANCORA UN INCIDENTE



"Il vescovo è tornato!"
«Pietro, che dite? Guglielmino è in città?»
«Precisamente! Da ieri mattina è di nuovo nel suo palazzo. Caro Bencio, avreste dovuto vedere!»
Pietro smontò da cavallo e si avvicinò al Moro, seduto sul suo masso a godersi il tiepido sole pomeridiano dell’ultimo lunedì di marzo. La Berta e Mauro, usciti a passeggio tra le viti, rientrarono di corsa.

EPISODIO 28: ASSEDIO A CIVITELLA



Avevano scelto di raggiungere il mercatale di Civitella dalla via senese del Presciano: sarebbero arrivati dall’alto del poggio di Gaenne, ottenendo un chiaro vantaggio strategico. Per sovrappiù vi sorgeva un maniero proprietà degli stessi Tarlati, che lo usavano per controllare i movimenti del Vescovo. Il mercatale di Civitella occupava una sella della giogaia di monti che separano la valle del Chiana da quella dell’Ambra.

EPISODIO 27: UCCIDETE GUGLIELMINO!




"Dobbiamo risolvere la questione una volta per tutte!» la voce di Tarlato dei Tarlati risuonò nel salone del Consiglio Grande. I pugni piantati a mezzo del lungo tavolo, fissò la teoria di stemmi appesi alle pareti. Guido Novello si dichiarò d’accordo: «Non possiamo subire oltre le sue continue altalene. I guelfi son banditi ormai da due anni, Arezzo è ghibellina e per San Donato ghibellina resterà! Basta compromessi!"

EPISODIO 26: ANCORA VOCI D'UNA TRATTATIVA



Data l’acqua alle mani dal bacile sul quale galleggiavano profumati petali di rosa, si posero a tavola davanti ad una fumante zuppa di porco. La Ilde servì personalmente gli ospiti e si soffermò a descrivere sottovoce la ricetta alla Berta: «Le braciole di maiale si devono tagliare a strisce, non più alte di due pollici, e vanno rosolate a puntino, girandole spesso. Con le spezie, poi, non si può fare economia, e la cipolla va ben cialdellata nel lardo. Il segreto sta nella cannella: non va messa a bollire col resto, ma aggiunta alla fine, prima di servire!»

CAPITOLO 30: LA CACCIATA DELLA MARIA



Fra Giacomo, uscito come ogni mattina con scopa e badile a pulir lo spiazzo davanti al convento, s’appoggiò al Murello pensieroso: c’era una calma innaturale, per le vie d’Arezzo, deserte nonostante la bella stagione. Niente chiasso di bimbi, né ciarlar di comari; fermo il via vai dei commerci, assenti le usuali ronde di armati, nessun prete che salisse al Duomo o chierico che s’avviasse allo Studio; silenziosi pure i cantieri che di solito assordavano la città col loro fracasso. Sotto di lui, lungo la Ruga Mastra, era deserto anche il cantiere di casa Mauri.

CAPITOLO 29: L'ARRIVO DI VITELLOZZO


Martedì 7 di giugno era una bella giornata. In quei giorni l’affluenza non era mai mancata, sulla piazza antistante il Palazzo dei Priori, ma quella mattina pareva d’esser tornati alle ore convulse del sabato. Un’animata eccitazione percorreva la folla, convocata una volta di più dalla Campana di Palazzo.

CAPITOLO 28: LA MARIA IN CONVENTO


L’antico monastero delle Murate di San Benedetto, che occupava un vasto palazzo tra la via Sacra e la contrada delle Fosse, a pochi passi dalla Porta di San Clemente, da qualche giorno era in preda all’agitazione. Il venerdì precedente, sotto lo stesso temporale che aveva accompagnato il Commissario fiorentino di ritorno da San Sepolcro, al convento era giunto il Priore Generale dell’Ordine Camaldolese, Pietro Dolfino, quello che mi aveva condotta ad Arezzo. Avevo ancora nelle orecchie le sue maledizioni alla città che non amava, preferendole la pace di Camaldoli o i fasti della Curia romana, quasi che le intemperie stesse fossero colpa degli Aretini.

CAPITOLO 27: SCONTRO SULLA STRADA PER QUARATA


Nel pomeriggio chiaro di lunedì 6 di giugno la mente di Nerone non conservava traccia delle titubanze, delle incertezze e della vertigine seguita alla liberazione di Arezzo. Avanzava sulla Cassia Antica verso Quarata, fiero in sella e l’archibugio a tracolla. Dietro di lui i giovani aretini accorsi alla sua chiamata, qualcuno a cavallo, spada nel fodero e lancia in pugno, i più a piedi e dotati solo di picca o bastone, come s’usava un tempo, ma tutti chiassosi e spavaldi, sospinti dall’entusiasmo per una riscossa finora inattesa ed ora improvvisamente possibile. Al suo fianco, ancor più fiero di lui, il giovane Baccio.

CAPITOLO 26: E ORA? LE ORE SUCCESSIVE


La pesante Porta di Sant’Angelo lentamente si aprì cigolando sui cardini. Il sole del primo pomeriggio aveva finalmente vinto sulle nuvole, disperdendole, ma lasciava in ombra il lato delle mura rivolto a tramontana e il Corridoio Fiorentino, e su quell’ombra calpestavano l’erba gli zoccoli del cavallo di Francesco Albergotti. Un Arcangelo San Michele scolpito nella pietra, dall’alto della Porta sembrava alzare minaccioso il braccio armato sulla testa del cavaliere, guardandolo come si guarda un traditore o un venduto.

martedì 28 aprile 2020

IMPRESSIONI DI VIAGGIO

L'altro ieri, nel pomeriggio inoltrato d'una serena giornata di fine aprile, ho percorso in beata solitudine molti chilometri sull'autostrada del sole, verso sud. Andavo a Roma per necessità, per un motivo che non vi dirò, ma comunque previsto dai vari decreti antivirus, e dunque legittimo.
L'andatura tranquilla e l'assenza quasi totale di traffico m'han lasciato libero di ammirare le geometrie perfette eppur varie dei campi, verdi di giovane grano, gialli di rape fiorite, ocra di arature recenti, scolpiti dalle file regolari dei frutteti, bordati da fossi sottili o da canali stretti tra i binari delle alzate.
Brevi filari di cipressi puntano il cielo. Aceri e gelsi sfoggiano le chiome nuove. Boschetti rigogliosi occupano le asperità d'una piana quasi mai regolare né vasta.

giovedì 16 aprile 2020

CAPITOLO 25 - LA RIVOLTA RIESCE !


Mentre Presentino si dava da fare per salvare dal linciaggio il povero dottor Valdambra, nel Palazzo dei Priori Pierantonio Lambardi, lo Sfregiato, s’affannava a spiegare al messo del Commissario che il tumulto era nato a seguito dell’arresto di Antonio detto Nerone da Pantaneto, che godeva d’immunità quale membro del Collegio. Il Commissario, infatti, dal suo rifugio sicuro in Cittadella gli aveva mandato un notaio a chieder ragione dello sconquasso e ad intimargli di sedarlo subito. Ora il notaio gli stava davanti in atteggiamento dimesso, scusandosi quasi per l’ingrato compito che gli era toccato.

CAPITOLO 24 - LA MARIA SI TROVA COINVOLTA


Me ne andavo verso la Pieve con la cesta di tovaglie d’altare pulite e ben piegate. Era già la seconda consegna che facevo, quel giorno. Un po’ perché era sabato e le chiese avevano bisogno dei lini puliti per le messe della domenica, un po’ per la voglia d’uscire dal convento, una frenesia che non m’aveva abbandonata dopo l’incontro con Nerone in San Francesco. Non m’era più riuscito di vederlo e questo alimentava i miei sogni e l’impazienza.

CAPITOLO 23 - LA RIVOLTA


«Vi dirò io, Aretini, cos’accade!»
«Silenzio, gente! Sentiamo cosa dice messer Visdomini».
Il Commissario, confidando di venire a capo della rivolta in poco tempo, aveva fatto chiudere le Porte della città, così da impedire la fuga ai ribelli. La voce d’un così grave provvedimento s’era sparsa in un lampo insieme a quella dell’arresto di Nerone, e non se ne sapeva il motivo.

CAPITOLO 22 - L'INTERROGATORIO


«Dunque, messer Romani, mi dicono che volete morire». Le mani di Marcantonio, congiunte dai ferri che gli stringevano i polsi, si agitarono inquiete, cominciarono a sudare e impallidirono perché il sangue si rifiutava di defluire fin lì. Il poveraccio deglutì e si umettò le labbra con la lingua.

CAPITOLO 21 - LA SPIA


La mattina del 2 di giugno, un giovedì, nella Cittadella di Arezzo il Commissario Guglielmo de’ Pazzi stava leggendo preoccupato un dispaccio che gli era appena arrivato da Firenze.
«Chiamatemi il Capitano di Giustizia» ordinò appena finito di leggere, e quando messer Alessandro Galilei gli fu davanti, lo informò: «Parto per il Borgo San Sepolcro. Brutte notizie, dalla Valle del Tevere: pare che il Vitelli ammassi truppe. Prendo con me dei soldati ma conto d’esser di ritorno nel giro di qualche giorno. Devo solo rendermi conto della situazione e riferire»
«Va bene. Penserò io alla guarnigione, in vostra assenza».

EPISODIO 25 - LA LIBERAZIONE



Quella che gli abitanti della zona chiamavano via d’Arezzo e gli Aretini via di Rimini li portò dritti fin sotto le mura: la Porta di San Biagio effettivamente era sbarrata. I tre percorsero un tratto della lizza, oltrepassarono la Porta di Stufo e si presentarono alla piccola Porta di Pózzolo, in corrispondenza della nuova chiesa dei domenicani.

EPISODIO 24 - PRIGIONIERI!



Il 25 di marzo era un venerdì sereno e luminoso. Il cielo era striato da nuvole bianche che la brezza concentrava a tratti per poi stirarle in filamenti sottili. La pioggia aveva sciolto i residui cumuli di neve e l’erba donava un nuovo verde ai prati, punteggiati di margherite e primule. Sui rami le prime foglie spingevano impazienti.

EPISODIO 23 - UNA TRATTATIVA?


Nel pomeriggio inoltrato la Ilde scrutava la campagna come ogni giorno dalla finestra della camera del figlio, e vide avanzare il pennone azzurro con la mezzaluna d’argento e la pantera rampante. Era rimasta delusa, il giorno prima, vedendo arrivare solo gli armati e i servi, e sul principio s’era anche impaurita.

EPISODIO 22 - A TALZANO



Mentre lasciavano il campo di Fegghìne, di mattina presto, Ghigo era speranzoso di trattenere ancora l’amico: «Prima di tornare a casa, passerai da me, non è vero? Voglio presentare a mio padre chi mi ha salvato la vita».
«Ma, veramente…» Mauro aveva fretta di rivedere Muciafora e i suoi, di raccontar l’avventura al vecchio Moro e di tranquillizzare sua madre.

EPISODIO 21 - SOTTO PROCESSO



Le case dei Cerchi sorgevano in Borgo San Piero, vicine a quelle dei Donati, ma Corso in quel periodo non era in Firenze e Rinaldo dei Bostoli bussò al portone di Vieri dei Cerchi.

venerdì 10 aprile 2020

VENERDI' SANTO

Affaticato dalla dura salita, Francesco, ormai anziano, sedette a riprender fiato sulla panca di pietra, al povento. Era un giorno speciale, quello: il venerdì santo. Giorno delle stimmate del sangue del dolore e del sacrificio, della negazione dell'uomo e della vita. Giorno della morte della speranza.

giovedì 2 aprile 2020

EPISODIO 20 - FUOCHI SUL SAN DONATO



La strada selciata saliva quasi dritta, tagliando i declivi a prato e infilandosi nei boschi sotto un intrico di rami gocciolanti. Non pioveva più ma il fondo fangoso obbligava il drappello di cavalieri ad avanzare al passo.

EPISODIO 19 - UN GIOVANE AMICO



"Basta! Forza, tutti a dormire! Domattina si va all’assedio dell’Ancisa!» Guglielmo traversò il campo, furioso quasi avesse sentito il racconto di Oddo.
«Boso ha ragione: è davvero pazzo!»
Soffocarono le braci, e Mauro entrò nella tenda considerando che gli era toccato di vivere in un secolo di sangue e prepotenza.

EPISODIO 18 - STORIA D'UN BORGO. CASTELNUOVO



Affacciato sulla valle dell’Arno, Castelnovo era un borgo di poche case in pietra, strette l’una all’altra che quasi si toccavano, raccolte intorno alla chiesetta e protette da una cerchia di solide mura. Vista dagli spalti in quel pomeriggio di fine ottobre dell’anno del Signore 1260, la vallata pareva un paradiso. Il fiume vi scorreva in mezzo quieto e pigro dopo aver scavato impetuoso i dirupi rocciosi della valle dell’Inferno e prima di farsi largo tra le gole dell’Ancisa. Il profilo ondulato del Pratomagno chiudeva il panorama in una fuga di gobbe carezzate dal sole.

EPISODIO 17 - CHIAMATA ALLE ARMI



La Platea Communis, chiamata volgarmente piazza del Comune, era il cuore pulsante della città. Sull’ampio sterrato in marcata pendenza s’affacciavano l’imponente Palazzo del Popolo, quello del Comune di recente costruzione, l’abside della Pieve di Santa Maria ed alcune nobili case-torri. Vi si svolgeva il mercato e vi si tenevano le assemblee cittadine.
Quel giorno la folla aspettava l’annuncio delle decisioni prese.

EPISODIO 16 - SENTORI DI GUERRA



Ai primi di marzo del 1289, in un mattino umido e uggioso, nei boschi del Guarniente, sulle pendici che risalgono l’alpe di Catenaia, i rami delle querce dei lecci dei castagni gocciolavano ancora per la pioggia caduta durante la notte.
I cappucci calati in testa, Pietro e Mauro avanzavano a piedi sul sentiero, menando i cavalli per le briglie verso un capanno di legno al centro d’una radura.

CAPITOLO 20 - IL RITORNO D'UNO STRANO PRIGIONIERO


Era emozionato, il Camaiani, mentre cavalcava a fianco del figlio sulla via di casa. Gli pareva che gli alberi ai lati della strada lo salutassero, che i contadini sospendessero il lavoro per congratularsi con lui, che le donne si affacciassero alle finestre per lanciargli un sorriso. Il sole luminoso della fine di maggio riscaldava il suo cuore leggero. Si compiaceva della sua armatura nuova, e nonostante la mole gl’impedisse di stare in sella con la necessaria disinvoltura, più d’una volta mise il cavallo al galoppo, per arrivar prima. Cavallo e armatura erano stati il grazioso regalo con cui Vitellozzo aveva accompagnato la sua liberazione. Ormai non gli serviva più.

CAPITOLO 19 - I CONSIGLI DEL MACHIAVELLI


Verso la fine di quello stesso mese, messer Niccolò Machiavelli se ne stava seduto a scrivere quando bussarono piano alla porta dello studio. Al suo invito ad entrare apparve sulla soglia, seguendo il fastidioso cigolio dei cardini, un ometto sulla cinquantina.
«Oh, messer Soderini! Venite avanti. A cosa devo la visita del Gonfaloniere?»

CAPITOLO 18 - LA CONGIURA


In un mattino chiaro di primavera, ai primi di maggio del 1502, Nerone cavalcava in silenzio sulla tortuosa strada che discende la valle del Cerfone, diretto però non a casa sua ma a Città di Castello.
Al suo fianco, muto anch’egli ma con l’impazienza negli occhi, Bernardino Burali. L’uomo entrato di corsa in San Francesco, suscitando la curiosità di Maria e delle altre donne, era lui, e il morto ancora vivo era suo cugino Bernardino Camaiani, quello un po’ armigero un po’ mercante fatto prigioniero l’anno prima da Vitellozzo a Modigliana.

CAPITOLO 17 - INCONTRO FATALE


Come uscii dalla sacrestia me lo trovai davanti, seduto sulla prima panca, che guardava i muri della cappella dietro l’altare. Ebbi un sussulto e mi fermai ad osservarlo. Il cuore prese a battere più velocemente ed un leggero tremolio muoveva le mie ginocchia. Bello non era, elegante nemmeno, e però mai la vista d’un uomo m’aveva provocato un effetto simile. Ultimamente, poi, cercavo di scansarli se appena potevo.

CAPITOLO 16 - UNA PROMESSA SCRITTA


«Allora, com’è andata?»
«Ecco, messer Presentino, giudicate da voi».
Lo Sfregiato allargò il viso in un’espressione soddisfatta.
Allungò al prete un rotolo di alcuni fogli, sotto lo sguardo dei santi affrescati sulle pareti della vetusta chiesetta di Santa Maria, detta un tempo ad Balneum.
«Non qui, però. In sacrestia staremo più tranquilli».

giovedì 26 marzo 2020

CAPITOLO 15 - DELEGAZIONE A SIENA


«Dunque siete in partenza»
«Il nostro negozio è concluso, nobile Pandolfo»
«Spero in modo soddisfacente»
«Nel migliore dei modi, in verità, e non troviamo le parole per esprimervi la nostra gratitudine. Non fosse stato per voi…»

CAPITOLO 14 - AREZZO, FEBBRAIO 1502

Nerone non si sedeva mai, tranne quando entrava nella basilica di San Francesco.
Lo davano per uomo brusco e pratico, rozzo quasi, ma quando si recava in città, qualunque fosse il motivo che ve lo portava, prima ancora di raggiungere casa sua, immancabilmente si dirigeva alla chiesa dei Francescani, e questo da quando vi aveva scoperto le pitture a fresco di Piero dal Borgo, lo stesso della sua Madonna gravida. Seduto sulla panca, ogni volta al medesimo posto, si fissava a contemplare i grandi quadri con la storia della Vera Croce.

CAPITOLO 13 - LA FURIA DI VITELLOZZO

Ai primi di luglio Vitellozzo lasciò Roma con il Borgia ed il Baglioni, messosi anch’egli al soldo del Valentino, e si spostò nel regno di Napoli. Disponeva di quattrocento fanti e di cento lance francesi. Con la livrea giallo cremisi del Valentino conquistò l’Aquila, e poi andò all’assedio di Capua.

CAPITOLO 12 - CORTIGIANA PER POCO

Entrai nella piccola cucina annerita dal fumo e depositai la brocca sulla panca addossata alla parete. L’Adele stava rimestando nel grande paiolo sospeso sul fuoco. Mi sorrise.
Dopo la tragedia delle nozze rosse, eravamo scappate anche da Perugia. La vista di Vitellozzo al fianco del Baglioni mi aveva terrorizzato, risvegliando i fantasmi di Pisa. Pensai che se mi avesse ripresa, stavolta mi avrebbe uccisa.
Lo dissi all’Adele, che senza esitare rispose: «Andiamo».

CAPITOLO 11 - 1501 ANNO DI SANGUE


«Non c’è Ranuccio, mi pare, in Modigliana».
Tarlatino aveva ragione, ma Vitellozzo accolse la sua osservazione con un’alzata di spalle, infastidito: «Ci sono i suoi parenti, però».
Tarlatino inarcò le sopracciglia. Da tanti anni serviva il suo signore, legando alla sua la propria sorte, fiducioso in un glorioso futuro per lui, per sé e per l’amata Città di Castello, ma gli eccessi di ferocia di Vitellozzo lo lasciavano ancora senza fiato.

EPISODIO 15 - CITTA' E CAMPAGNA



Pietro si alzò: «Adesso andiamo. Devo tornare alla Ruga Mastra per parlare col capomastro »
«Posso venire con voi? Ho da fare anch’io, in città».
Pietro sorrise: «D’accordo».
Il giovane si ricordò della mela e in quattro morsi divorò finalmente la sua colazione.

EPISODIO 14 - IL BANCHETTO COL VESCOVO


La mattina di Santo Stefano, che quell’anno cadeva di domenica, la tramontana non s’era ancora calmata e scompigliava le chiome degli ulivi in vortici di riflessi argentei. La Pieve di Santo Stefano in Classe, che i Mauri erano soliti chiamare la nostra pieve, aveva origini molto antiche, che risalivano ai primi secoli dell’espansione cristiana, e nei tempi d’oro il suo territorio arrivava addirittura fin oltre Subbiano.

EPISODIO 13 - NATALE IN ESILIO



Nel palazzotto che i Priori di Firenze avevano messo a disposizione degli esuli aretini, Rinaldo dei Bostoli stava passando il secondo Natale solitario dopo la sua cacciata da Arezzo.
Quella lega con Fiorentini e Senesi gli andava stretta, e ne avrebbe fatto volentieri a meno.

EPISODIO 12 - NATALE A MUCIAFORA



Come ogni anno, fin da bambino, Mauro s’aspettava un grande banchetto, con cento portate, come quelli che nei racconti di suo nonno avvenivano tutti i giorni alle corti dei re. Come ogni anno, restò deluso.
Raccolti sul lato della lunga tavola più vicino al camino acceso, consumarono un pasto simile a quello di ogni domenica, salvo per il finale, quando la famigliola attinse alla ciotola di uva passa, dolce simbolo di buon augurio per l’anno che cominciava.

EPISODIO 11 - LA ILDE



La campana del convento chiamò fra Giacomo a mattutino.
«Devo andare, ma voi potete riposare un po’».
A quell’ora padre e figlio seguirono il consiglio di buon grado, e avrebbero dormito per un bel po’ se il frate prima di laudi non avesse bussato all’uscio, entrando nella cameretta con un po’ di frutta secca, un pezzo di pane nero e una brocca d’acqua: «Buon Natale e buon anno nuovo!»

lunedì 23 marzo 2020

IL POZZO DI TOFANO


Dal DECAMERON di Giovanni Boccaccio - GIORNATA SETTIMA – NOVELLA IV
(storia di corna e di scaltrezza femminile - libera trasposizione in italiano moderno)

Racconta Lauretta:
Fu adunque già in Arezzo un ricco uomo il quale fu Tofano nominato. A costui fu data per moglie una bellissima donna il cui nome fu monna Ghita, della quale egli, senza sapere perché, prestamente divenne geloso…

giovedì 19 marzo 2020

EPISODIO 10: FRA' GIACOMO RACCONTA


La lunga storia dell'Abbazia di Campoleone subì una drammatica svolta alla fine di settembre dell’anno del Signore 1214. Da oltre un secolo le istituzioni comunali cercavano di prendere il potere attaccando i ricchi feudi ecclesiastici: pur senza raggiungere i recenti eccessi di Guelfo da Lucca, s’erano tuttavia moltiplicate delibere e ingiunzioni, e non erano mancate neppure scaramucce e battaglie.

EPISODIO 9: GUAI ALLE FORZE DEL MALE!


Entrarono nel tempio. Il profumo d’incenso si mescolava all’odore della cera calda di centinaia di candele. Gli occhi di Mauro seguirono le volute di fumo che risalivano le colonne, verso le volte; il gioco degli incroci sul soffitto accompagnò il suo sguardo fino all’abside, per poi spingerlo a vagare tra gli effetti decorativi della pietra, liberata dal suo peso materiale per divenire un insieme armonioso di linee protese verso l’alto.

EPISODIO 8: NOTTE DI NATALE DEL 1288

La Ruga Mastra era una ripida contrada che dalla Porta di San Lorentino conduceva al colle di San Pietro; dall’alto appariva incassata tra le case-torri, proprio come una profonda ruga sul volto antico della città.

EPISODIO 7: MORTE DI UN PONTEFICE


La storia della nuova Cattedrale era cominciata tredici anni prima, nell’anno del Signore 1275, nel mese di dicembre, nel giorno ventesimo che cadeva di venerdì. Intorno all’ora terza la notizia dell’arrivo in città di Papa Gregorio X rimbalzò tra vicoli e contrade, venne annunciata sui portoni e dalle finestre, gridata nelle piazze, ripetuta nelle botteghe, proclamata dai tamburi degli araldi.

EPISODIO 6: MORTE DI UN RAGAZZO


Poco dopo questi avvenimenti, in un assolato mattino dell’estate 1288, il Vescovo Guglielmino stava nel salone d’onore, al primo piano del suo palazzo episcopale, seduto sulla panchetta di pietra nel vano d’una delle finestre. La luce inondava la stanza e, filtrata dalle formelle di vetro piombato, finiva a disegnare cerchi multicolori sui mattoni del pavimento. Il vecchio prelato leggeva come suo solito un libro di preghiere.

CAPITOLO 10: I PIANI DEI MEDICI


Mentre in Firenze il Machiavelli dava libero sfogo al proprio pessimismo, un drappello armato accompagnava un altro fiorentino per i vicoli di Roma. Le vie della Città Eterna non erano sicure, nell’anno giubilare 1500, neanche di giorno e neppure per un giovane Cardinale di Santa Romana Chiesa e per la sua familia, e così Giovanni de’ Medici, figlio del Magnifico, si faceva sempre scortare.

CAPITOLO 9 - FIRENZE: NICCOLO' MACHIAVELLI SCRIVE

Siccome ogni potere ha sempre dei nemici e lascia scontenti quelli che ne rimangon fuori, non resta, a chi voglia attaccarlo, che cercar di mettere insieme chi ha le stesse mire, per i medesimi o sia pur diversi motivi. Tale era la situazione di Firenze e di chi vi aveva messo gli occhi sopra, nei tempi turbolenti che accompagnavano l’inizio del XVI secolo.

CAPITOLO 8 - PERUGIA: LE NOZZE ROSSE


Un mese dopo la nostra fuga, io e l’Adele arrivammo a Perugia, con la promessa di venir maritate a due fratelli senza mestiere, che si offrivano come fanti o arcieri a chiunque assicurasse loro un tozzo di pane ed una minima paga.

CAPITOLO 7 - NERONE SI RIBELLA

Un giorno, ai primi di luglio del 1500, Nerone camminava su per il Borgo di Strada avvolto nei propri pensieri. Ultimamente Nerone si faceva vedere sempre più spesso in Arezzo, dove i Pantaneto possedevano due case dirimpetto alla chiesa di Sant’Antonio, vicino alla Porta di Santo Spirito.

CAPITOLO 6 - NERONE DA PANTANETO


Ottima annata, per il grano, il 1500. Camminando di buon passo verso Monterchi, Nerone ammirava soddisfatto i suoi campi dorati, immobili sotto il sole, e considerava come il Santo Giubileo avesse benedetto i raccolti.

giovedì 12 marzo 2020

CAPITOLO 5 - LA FUGA DELLA MARIA


Avevo più o meno diciott’anni. Nessuno mai m’ha detto di preciso in quale anno son venuta al mondo. Quando mi maritarono, tre anni prima, i miei dissero allo sposo che ero una quindicenne.

CAPITOLO 4 - I PIANI DI VITELLOZZO


Una teoria di statue edicole fregi tabernacoli adorna il fianco di Santa Maria de Pontenovo, o della Spina, come han preso a chiamarla i pisani per via d’una venerata reliquia, doloroso frammento della crudele corona imposta al Cristo flagellato.

CAPITOLO 3 - UN ASSEDIO FINITO MALE


Tutto cominciò nel mese di settembre del 1499. A quel tempo non si può dire che fossi una signora, e infatti mi trovavo tra i soldati del campo fiorentino che assediava Pisa.

CAPITOLO 2 - UNA VECCHIA CIECA


Eran passati quarant’anni dal miracolo, e la compagnia della Santissima Annunziata s’era fatta grande, crescendo di pari passo con la venerazione per la Madonna delle Lacrime.

CAPITOLO 1 - UN MIRACOLO


Verso sera un’ombra avvolta in un logoro mantello imboccò la Via Sacra. Con la mano teneva il lembo del cappuccio calato sulla testa per proteggersi dal vento forte, levatosi improvviso a sollevare turbini di polvere sotto un cielo che s’era fatto rapidamente scuro.

mercoledì 11 marzo 2020

EPISODIO 5 - L'AGGUATO DEL TOPPO


"Che giorno è?"
«Domenica, Pietro, perché?»
«Niente. Ho perso la misura del tempo. Son tre notti che non si dorme, accidenti!»
«Sshh! Parlate piano».
La notte tra il 25 e il 26 di giugno del 1288 era calda e rischiarata dalla luna, che allungava le ombre dei pioppi sulle canne palustri e sui ciuffi di erbe acquatiche.

EPISODIO 4 - LA TAVERNA DEL CALDERAIO


Bibit ille, bibit illa! declamò uno studente ubriaco alzando la coppa e fissandola con occhi lucidi.
Bibit servus cum ancilla! gli fece eco un coro di giovani suoi pari. In mezzo al gruppo una compiacente fanciulla li esortava a bere e li gratificava di carezze, mentre le rime si scioglievano in risate e libagioni.

EPISODIO 3 - GLI AMBASCIATORI DI FIRENZE


Le difficoltà cominciarono subito dopo la morte del lucchese: ogni parte voleva prevalere sull’altra, e il vescovo su tutti; ognuno sospettava dell’avversario, ma pure dell’amico, e trovare un accordo si faceva ogni giorno più arduo, a riprova che è più semplice mettersi insieme contro qualcuno che collaborare a costruir qualcosa.

EPISODIO 2 - UNA BRUTTA FINE


N
el 1285 fu nominato capitano del popolo e priore delle arti tal Guelfo Falconi da Lucca, il quale arrivò ad Arezzo con l’idea di spazzar via il vecchio sistema feudale.

EPISODIO 1 - UNA STORIA D'AMORE



La tranquillità di Boso degli Azzi era svanita guardando Ippolita, la più bella tra le giovani donne che ogni domenica accendevano un lume davanti alla statua della Madonna, nella cripta dell’antica cattedrale.