domenica 6 agosto 2017

7 AGOSTO 1502, IN DOMENICA

San Donato: reliquiario in oro

Ogni anno il 7 di agosto ricorre la festa di San Donato, patrono di Arezzo. Nel passato per la città e il contado era festa grande, con giochi, processioni, tornei ed una fiera che durava 15 giorni.
Ma quell'anno 1502 non ci fu festa, nella città occupata dai Francesi e con lo spettro del ritorno dei Fiorentini. La "rivoluzione" di giugno si avviava tristemente al fallimento.

Da Antonio detto Nerone:
"Nerone entrò nella Cattedrale gremita di popolo in tempo per la messa solenne, in quel giorno di festa: una festa ben triste in verità, nella città occupata dai Francesi, senza fiera giochi o giostre, ed anche senza il Vescovo, riparato di corsa a Firenze.
"Il suo ingresso fu accolto da un lungo brusio di consenso, e gli avrebbero fatto festa se la lunga processione dei celebranti non avesse proprio in quel momento lasciato la sacrestia per avviarsi all'altare di pietra, coperto da una fine tovaglia bianca e appoggiato all'arca di san Donato, una meraviglia di marmo lavorato che conserva le spoglie del Patrono.
"Fu una lunga cerimonia e per tutto il tempo Nerone evitò di voltarsi, ostentando un'attenzione al rito che in realtà nascondeva tutt'altri pensieri.
"Alla fine il viceré Sinibaldo, comandante della città per conto di re Luigi di Francia, convocò Nerone, il Lambardi, il Roselli e i Dieci della Guerra nel Palazzo dei Priori.
Cattedrale di Arezzo: altare maggiore
e arca di San Donato
Disse loro che solo lui era il protettore di Arezzo e quindi Nerone doveva subito sciogliere le sue bande e tutti i cittadini dovevano consegnargli ogni arma di cui fossero in possesso.
"Mai!" sbottò Nerone. "Piuttosto morti! L'esercito di Arezzo resterà pronto!"
Nessuno degli altri se la sentiva di andare a dire agli Aretini che il loro protettore li voleva disarmati e quindi Sinibaldo decise lui di far pubblicare l'ordine su tutte le piazze, col risultato però che prima di sera una folla vociante, e soprattutto armata, stringeva d'assedio il Palazzo dei Priori, mentre le bande di Nerone bloccavano i soldati francesi delle loro tende al Prato della Giustizia.
"Il viceré, fatta di necessità virtù, ritirò l'ordine e disse che si contentava della parola degli Aretini, e di duemila scudi.
"Ammazziamoli tutti, piuttosto" propose Nerone, ma non l'ascoltarono. Chiesero alle famiglie che ne avevano ancora di conferire gli oggetti di valore, si vendé l'oro e i vasi sacri delle chiese e si mandò a Siena per riscuotere un credito per una grossa fornitura di grano fatta all'inizio della rivolta.
"Alla fine Sinibaldo si trovò contento, gli Aretini ancora più poveri e Nerone ancora più arrabbiato".