domenica 8 ottobre 2017

NERONE TRA I FINALISTI


Con ANTONIO detto NERONE un pezzo di storia di Arezzo approda nella più vasta "community" letteraria d'Italia. Il romanzo è stato selezionato tra i finalisti del concorso "il mio esordio 2017" organizzato da ilmiolibro.it, un risultato che stuzzica l'orgoglio dell'autore, cioè il mio, ma soprattutto riconosce il valore della formula che ho scelto da sempre: raccontare la storia attraverso le tante piccole storie di gente comune che ne subiscono gli effetti e ne patiscono le conseguenze.
Personaggi realmente vissuti o di fantasia, o le due cose insieme, che lottano con dignità per la vita di tutti i giorni e vengono investiti dagli eventi. Luoghi periferici e a volte sconosciuti che divengono teatro di vicende drammatiche. Perdenti che resistono e reagiscono. Potenti che di umano hanno poco e prima o poi crollano. Speranze che finiscono per rivelarsi illusioni, ma non importa perché dalle ceneri d'una speranza ne nasce sempre un'altra, e il testimone passa di mano in mano in una sorta di staffetta eterna.
Raccontare quelle storie, metterle in un libro, è un po' continuare la tradizione delle veglie, quando la sera intorno al fuoco o nella stalla il nonno raccontava fatti e vicende della famiglia o del paese, recenti e antiche, e la nonna novelle secolari, e questo serviva a rinverdire e trasmettere valori e identità.
Tuffarsi nel passato per ritrovarsi nel presente: Dio solo sa se oggi ce n'è bisogno!
E allora continuo a divertirmi scrivendo, nella speranze, magari illusione, che qualcuno si diverta a leggere.

domenica 6 agosto 2017

7 AGOSTO 1502, IN DOMENICA

San Donato: reliquiario in oro

Ogni anno il 7 di agosto ricorre la festa di San Donato, patrono di Arezzo. Nel passato per la città e il contado era festa grande, con giochi, processioni, tornei ed una fiera che durava 15 giorni.
Ma quell'anno 1502 non ci fu festa, nella città occupata dai Francesi e con lo spettro del ritorno dei Fiorentini. La "rivoluzione" di giugno si avviava tristemente al fallimento.

Da Antonio detto Nerone:
"Nerone entrò nella Cattedrale gremita di popolo in tempo per la messa solenne, in quel giorno di festa: una festa ben triste in verità, nella città occupata dai Francesi, senza fiera giochi o giostre, ed anche senza il Vescovo, riparato di corsa a Firenze.
"Il suo ingresso fu accolto da un lungo brusio di consenso, e gli avrebbero fatto festa se la lunga processione dei celebranti non avesse proprio in quel momento lasciato la sacrestia per avviarsi all'altare di pietra, coperto da una fine tovaglia bianca e appoggiato all'arca di san Donato, una meraviglia di marmo lavorato che conserva le spoglie del Patrono.
"Fu una lunga cerimonia e per tutto il tempo Nerone evitò di voltarsi, ostentando un'attenzione al rito che in realtà nascondeva tutt'altri pensieri.
"Alla fine il viceré Sinibaldo, comandante della città per conto di re Luigi di Francia, convocò Nerone, il Lambardi, il Roselli e i Dieci della Guerra nel Palazzo dei Priori.
Cattedrale di Arezzo: altare maggiore
e arca di San Donato
Disse loro che solo lui era il protettore di Arezzo e quindi Nerone doveva subito sciogliere le sue bande e tutti i cittadini dovevano consegnargli ogni arma di cui fossero in possesso.
"Mai!" sbottò Nerone. "Piuttosto morti! L'esercito di Arezzo resterà pronto!"
Nessuno degli altri se la sentiva di andare a dire agli Aretini che il loro protettore li voleva disarmati e quindi Sinibaldo decise lui di far pubblicare l'ordine su tutte le piazze, col risultato però che prima di sera una folla vociante, e soprattutto armata, stringeva d'assedio il Palazzo dei Priori, mentre le bande di Nerone bloccavano i soldati francesi delle loro tende al Prato della Giustizia.
"Il viceré, fatta di necessità virtù, ritirò l'ordine e disse che si contentava della parola degli Aretini, e di duemila scudi.
"Ammazziamoli tutti, piuttosto" propose Nerone, ma non l'ascoltarono. Chiesero alle famiglie che ne avevano ancora di conferire gli oggetti di valore, si vendé l'oro e i vasi sacri delle chiese e si mandò a Siena per riscuotere un credito per una grossa fornitura di grano fatta all'inizio della rivolta.
"Alla fine Sinibaldo si trovò contento, gli Aretini ancora più poveri e Nerone ancora più arrabbiato".

domenica 2 luglio 2017

STORIE di DONNE

Da Antonio detto Nerone:

Piero della Francesca, La Maddalena, particolare
Arezzo, Cattedrale
"Avevo più o meno diciott'anni. Nessuno mai m'ha detto di preciso in quale anno son venuta al mondo.
Quando mi maritarono, tre anni prima, i miei dissero allo sposo che ero una quindicenne. I registri parrocchiali erano bruciati nell'incendio della sacrestia, e la memoria non aveva tenuto il conto delle quaresime e delle battiture passate dalla mia nascita. Troppi figli, tutti morti piccoli oppure nati morti. all'epoca delle nozze ero rimasta l'unica, e rammentavano solo che ero nata in una gelida domenica di gennaio d'uno degli inverni più freddi che ricordassero.
D'altronde, gli dissero, il marito poteva contare su una ragazza sana, robusta e di fianchi larghi, che gli avrebbe dato tutti i figli che avesse voluto, senza dote di denari ma con un corredo di tutto rispetto. La vista delle lenzuola, di canapa piuttosto grezza ma pur sempre lenzuola, e l'argomento salute convinsero l'uomo a non sottilizzare sulla mia età. Lui stesso, del resto, assai più vecchio di me, non sapeva quanti anni avesse.

domenica 11 giugno 2017

11 GIUGNO 1289: LA BATTAGLIA DI CAMPALDINO

Passim da LA RUGA MASTRA:

"Quelle mura laggiù, che città difendono?"
Mauro e gli altri della guardia osservarono increduli l'indice del Vescovo Guglielmino puntato sulla fila dei palvesi che proteggevano le formazioni guelfe. La campana dell'abbazia di Strumi batté l'ora terza d'una giornata afosa. Il libeccio spingeva grosse nubi sul crinale del Pratomagno, minacciando di farle rotolare sulla piana.
"Eminenza, quelle che vi sembrano mura sono i palvesi dei nemici" rispose Mauro.
Guglielmo Pazzo e Buonconte da Montefeltro schierarono i feditori, scorrendo senza posa il fronte d'attacco. Le froge dei destrieri sbuffavano vapori caldi. I vessilli le bandiere gli stendardi muovevano i colori dell'orgoglio ghibellino.
Il Vescovo levò la mazza ferrata: "Vincete! Per Dio e per San Donato!"
"San Donato cavaliere!" gridò Guglielmo Pazzo.
"San Donato cavaliere" gli fece eco l'intero esercito, e i feditori partirono alla carica, sollevando un polverone dalla terra che tremava sotto i colpi degli zoccoli di trecento destrieri.
"Narbona cavaliere!" fu il grido di risposta delle schiere guelfe, che però non si mossero, aspettando il cozzo degli assalitori.
Il brontolio del galoppo si mutò presto nel fracasso dello scontro, ferro su ferro, lama su corazza, ascia su scudo, e le grida dei primi feriti, e i nitriti dei cavalli colpiti dalle aste lunghe dei pedoni...
La  mazza del Vescovo spinse all'attacco il grosso della cavalleria, e subito dietro le migliaia di fanti. I fiorentini si scomposero, i palvesi arretrarono, i pedoni ripiegarono fino alle salmerie in fondo, ma non si sbandarono di fronte al tremendo urto dei cavalieri aretini.
La campana di Strumi suonò l'ora sesta e i nembi minacciosi continuarono ad avanzare.
Sul fianco destro dello schieramento guelfo, i senesi stavano per soccombere all'assalto di Buonconte e dei suoi. Lo scontro non aveva fine, con esiti incerti.
Poi, sull'altura che chiude la piana a mancina, Corso Donati mosse la sua riserva di pistoiesi, e calò come un maglio sul fianco destro dei cavalieri d'Arezzo.
La mazza di Guglielmino ordinò allora a Guido Novello di muovere i propri uomini, ma quello non rispose.
Il Vescovo chiese a Mauro: "Che vedete, mio giovane amico?"
"Niente di glorioso, mio signore, niente che parli di vita o di vittoria. Solo morte e sangue".
Un lampo squarciò l'aria, mentre la riserva di Corso Donati faceva strage degli aretini.
"Quanti ne possiamo salvare?" domandò il Vescovo.
Nessuno rispose, e allora lui si sfilò la mitria, calò sul capo l'elmo coi colori degli Ubertini e si lanciò nella mischia.
"Guglielmino è caduto! Il Vescovo è morto!"
L'urlo vittorioso dei guelfi si soprappose ai rintocchi di Strumi che scandivano l'ora nona. Il temporale si scaricò violento sulla piana, spegnendo con l'afa le speranze dei ghibellini.

"Fu la detta rotta dì undici di giugno, il dì di San Barnaba, in uno luogo che si chiama Campaldino, presso a Poppi" Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi.




lunedì 1 maggio 2017

ANTONIO detto NERONE: PASSATO e PRESENTE

Giovanni Rondinelli nel 1583 scriveva una Relazione sopra lo stato antico e moderno della Città di Arezzo, all'inizio della quale si legge: "Voglio scrivere alcune cose della nobil Città di Arezzo per mostrare agli Uomini quanto per lo più s'ingannino, i quali biasimando i presenti tempi, vanno sempre lodando i passati".
Effettivamente molti della mia età ripensano con nostalgia "ai bei tempi" dimenticando invece quanto erano anche brutti.
In genere chi guarda alla Storia considera il Rinascimento come l'età d'oro dell'arte e della cultura, dell'affrancamento dell'uomo dalle servitù medievali, del trionfo del bello e della giovinezza. Un'età felice, insomma, come lo è per ognuno la propria gioventù, libera da un'infanzia obbediente e carica d'un entusiasmo creativo e ancora incosciente delle brutture dell'età adulta.

domenica 12 marzo 2017

ANTONIO detto NERONE: Capitolo primo

Voglio scrivere alcune cose della nobil Città di Arezzo per mostrare agli Uomini quanto per lo più coloro s'ingannino, i quali biasimando i presenti tempi, vanno sempre lodando i passati. (G.Rondinelli - Relazione sopra lo stato antico e moderno della Città di Arezzo, 1583)

Estratto dal capitolo primo del romanzo "ANTONIO detto NERONE"

A dì 26 di febbraio del 1490, in venerdì.
Arezzo, Spedale della S.S. Annunziata.

Verso sera un'ombra avvolta in un logoro mantello imboccò la Via Sacra. Con la mano teneva il lembo del cappuccio calato sulla testa per proteggersi dal vento forte. Dopo pochi faticosi passi il pellegrino venne investito da una tempesta d'acqua e grandine. Voleva affrettarsi, ma i piedi, mal protetti da un paio di sandali leggeri, affondavano nel fango d'una via divenuta pantano.
Un temporale può far paura, ed era la paura a muover le sue gambe verso lo Spedale della Santissima Annunziata ormai vicino. Finalmente, fradicio e inzaccherato, arrivò a sospinger la porticina, grato a chi l'aveva accostata senza chiuderla.
Una volta dentro, gli giunsero dalla cucina voci concitate: altri eran corsi al riparo dall'improvvisa bufera. Sentiva il crepitio rassicurante del fuoco, ma rimase nel vestibolo. Si sfilò il mantello zuppo e la luce agitata d'un unico cero illuminò un viso giovane ma scarno e un corpo troppo magro, scosso da un tremito irrefrenabile.
Sedette su un vecchio sgabello e pian piano si calmò. All'inizio dell'Avvento era partito dalla sua Liguria per un pellegrinaggio alla Madonna di Loreto.
Soffriva di mal caduco e le crisi epilettiche lo accompagnavano fin da bambino.
"Vai a Loreto" gli disse sua madre. "Lei ti parlerà e tornerai guarito".
A Loreto la voce della Madonna non s'era fatta sentire, ma almeno non aveva avuto più crisi. Così prese la via del ritorno tenendosi stretta ancora qualche speranza.
Arrivato ad Arezzo salì alla Cattedrale a pregare san Donato protettore degli epilettici, ma non era successo niente e avvertì la sua fede vacillare come la fiammella del cero che lo illuminava.
La fiammella d'un cero... si chiese cosa ci stesse a fare nel vestibolo d'uno Spedale, quando udì un pianto sommesso sovrapporsi alle voci che venivano dalla cucina.
Pareva un pianto di donna. Ma non era lo Spedale degli Uomini, quello? Scostò la cortina dietro il cero e il pianto zittì. Due occhi severi lo guardarono. Lui sbiancò, scattando all'indietro, ma era solo il simulacro d'una Madonna triste, che sorreggeva il suo Bambino benedicente. Tutti e due lo fissavano. Poi riprese il pianto, sommesso. Era lei. La Madonna piangeva.

giovedì 9 marzo 2017

"ANTONIO detto NERONE" E' IN LIBRERIA


E' ora disponibile per l'acquisto la versione cartacea del romanzo storico ANTONIO detto NERONE, fresco di stampa.

E' un volume di 340 pagg., pubblicato con la formula del self publishing nella community de ilmiolibro.it

Il romanzo usa la tecnica della cronaca, o del diario, per raccontare la rivolta di Arezzo contro la Repubblica Fiorentina del 1502, e le sue conseguenze sulla vita dei protagonisti e delle vittime.
La copertina è di Lucia Cheli. Si tratta di una composizione grafica che riunisce i principali riferimenti che il lettore ritroverà nel racconto: il marzocco di Firenze, lo stemma dei Medici, lo stemma di Arezzo e una della scene di battaglia della Storia della Vera Croce affrescate da Piero della Francesca nella chiesa di San Francesco in Arezzo, con l'aquila imperiale sul vessillo.

Chi è appassionato di storia e chi ama leggere lo può trovare:
- nelle librerie FELTRINELLI;
- alla BOTTEGA di GIACCO di San Giuliano (AR).

Si può inoltre acquistare on line su:
ibs.it

Prossimamente sarà disponibile anche la versione e-book.

sabato 25 febbraio 2017

PRESENTAZIONE

Segnalibro di
Lucia Cheli
"L'historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl'anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna, e li schiera di nuovo in battaglia".
Comincia così il famoso manoscritto da cui il Manzoni dice d'aver tratto la storia di Renzo e Lucia.
E', questa, la prima ragion d'essere della narrativa d'argomento storico, ancora oggi.
La seconda è mostrare l'impatto, spesso drammatico, che i grandi eventi hanno sempre sulla vita delle "gente meccaniche e di piccol affare".
Il fine di questo guardare indietro è tentar di capire come andare avanti. Se infatti la memoria è patrimonio degli anziani, la Storia è la ricchezza di tutti, oggi più di ieri. Il cammino si è trasformato in corsa sempre più frenetica, talmente veloce che non sappiamo più dove andiamo e perché ci andiamo.
Non c'è nulla di nostalgico, dunque, nel voler richiamare in vita gli anni fatti cadaveri dal tempo, ma solo la voglia di comprendere chi siamo, come siamo arrivati fin qui e come saremo, perché "chi non conosce la Storia è condannato a riviverla".
Per quanto mi riguarda sono un appassionato della storia locale, quella che mi raccontano le pietre che ancora resistono al tempo, le vestigia, i ruderi, le strade percorse da tante generazioni prima di me, le colline abitate e coltivate da sempre.
Sono un dilettante. Leggo e scrivo per diletto. Sono uno "di piccol affare" e per questo racconto anch'io storie di "gente meccaniche". Questo, in fondo, è il mio modo di sentirmi a casa.