venerdì 29 maggio 2020

EPISODIO 40 - IL SABATO DI SAN BARNABA




"Quelle mura laggiù, che città difendono?»
Mauro e gli altri della guardia osservarono increduli l’indice del Vescovo puntato verso la fila dei palvesi che proteggevano le formazioni guelfe.
Di là dall’Arno, la campana dell’abbazia di Strumi batté l’ora terza d’una giornata già calda. Il vento di libeccio aveva spinto grosse nubi sui prati sommitali del Pratomagno.

EPISODIO 39 - IL GAGGIO DI SFIDA



Nel salone del castello di Poppi il Vescovo aveva disposto, dal canto suo, che gli sterratori si mettessero al lavoro per liberar la pianura da sterpi e cespugli, e da ogni ostacolo che potesse frenare il galoppo dei cavalli: era un rito antico, preparatorio della solenne cerimonia che si chiamava battaglia e che così si svolgeva dai tempi dei tempi.

EPISODIO 38 - TENSIONI DELLA VIGILIA



Alla prima ora del dieci di giugno, in venerdì, il sole indorò le pietre del castello di Poppi. Dall’unica finestra aperta sul muro orientale la luce del mattino penetrò nel salone al primo piano, allungando una scia sul pavimento e sul tavolo centrale. Le pareti affrescate, la travatura del soffitto, il legno delle cassapanche e la pietra del grande camino assunsero un’aura diafana, quasi sacra.
Mauro però, chiamato alla riunione dei Capitani dell'oste ghibellina, vi trovò un’atmosfera tuttaffatto diversa. Come a Bibbiena, colse troppa tensione in quei volti.

EPISODIO 37 - L'ARRIVO A POPPI



Il castello di Poppi dominava e domina ancora la piana dell’Arno, imponente e quadrato, eppure elegante per merito dell’alta torre. Arrivando da Bibbiena, appare da lontano come una sentinella sul fiume e sulle vie che corrono la fertile pianura, disegnata dalla fitta rete di orti e campi coltivati; il bosco che copre il pendio del colle pareva, in quell’inizio di giugno, un fresco nido di fronde, nel quale riposava sicuro anche il borgo. Una cinta di mura raccoglieva quelle case e quasi le costringeva sul breve crinale, dal castello fino alla sagoma dell’Abbazia di San Fedele, protettiva come fa una chioccia con i suoi pulcini.

EPISODIO 36 - CENA A BIBBIENA



Capitani dell’oste aretina sedevano a tavola e si poteva pensare ad un banchetto tra nobili, un’occasione di festa o la firma d’un qualche patto.
In realtà la cena era l’occasione per fare il punto delle forze adunate e concertare il loro schieramento in battaglia e la tattica da seguire. La discussione s’intrecciava animata quando Mauro fece il suo ingresso nel salone.

CAPITOLO 40 - I FIORENTINI ANCORA SCONFITTI


Le spie migliori sono i fanciulli, se quello che vuoi sapere non è troppo complicato e non t’importa che tengano segrete le notizie dopo che te le hanno riferite. Sono svelti, sinceri, s’accontentano di poco, e passano inosservati perché nessuno si cura di loro.
E nella bruma mattutina, mentre una tenue linea di luce orlava il profilo dei monti senza scalfire il buio profondo della valle, appunto un fanciullo, sporco e spettinato, sgusciò via dal castello di Laterina per la postierla dei servi, con un pollo vivo nella destra e due belle forme di pane bianco sotto l’ascella opposta, dono del Giacomino in cambio della soffiata ricevuta: due giorni prima il nemico aveva incredibilmente diviso le proprie forze.

CAPITOLO 39 - ANGHIARI E SANSEPOLCRO


C’è un modo migliore per cacciare i propri dubbi che dare l’assalto ad un borgo fortificato? Se c’è, Vitellozzo non lo conosceva.
Anghiari era il vero baluardo di Firenze sull’alta valle del Tevere, e Anghiari, saputo del passaggio di Vitellozzo col suo esercito, gli chiuse le porte in faccia.
Una sfida.
Tarlatino vide gli occhi del suo signore accendersi, lo zigomo intorno al neo farsi paonazzo, e tesi i tendini del collo.

CAPITOLO 38 - AL CAMPO DELL'OLMO


L’estate s’era ormai impadronita stabilmente dei tormentati declivi che scendono da levante verso la Chiana paludosa, incisi dai solchi d’innumerevoli torrenti, così come li aveva segnati nelle sue carte il Maestro da Vinci. Una teoria di villaggi pareva volersi arrampicare sul versante del monte Lignano per sottrarsi agli acquitrini.
Nella conca tra L’Olmo e la Madonna che dicono di Mezza Strada, due miglia distante da Arezzo e di faccia al sole che calava indolente al tramonto, Vitellozzo aveva stabilito il nuovo campo.

CAPITOLO 37 - IL MIO CARDINALE


Le notizie arrivavano anche dentro il Battifolle, e ciò che si diceva quel lunedì mattina non mi lasciò indifferente.
Giovanni de’ Medici, il mio Cardinale, era arrivato ad Arezzo!
Dovevo assolutamente vederlo e ringraziarlo e baciargli l’anello!
«Anch’io» approvò l’Adele.
Chiedemmo licenza al Canigiani e ci incamminammo verso la città, attraverso sentieri in costa per aggirare il campo aretino del Bastardo. Mariotto venne con noi, perché non si sa mai, disse, due donne sole, di questi tempi!

CAPITOLO 36 - ASSEDIO A CORTONA


Massaggiando in modo più vigoroso del solito il vistoso neo sullo zigomo, Vitellozzo osservava con avida soddisfazione la solida rocca di Cortona. L’imponenza della struttura, per altri assalitori fonte di nervosismo, accendeva in lui la frenesia dell’assalto.
Quella mattina, di buonora, aveva mosso l’esercito, passato la Chiana, e per la strada detta delle Coste era giunto a Cortona, arresasi il giorno prima al Baglioni. La rocca però resisteva e Vitellozzo fremeva per conquistarla. Da quando era arrivato, aveva scorso la cortina a cavallo tre o quattro volte, mostrandosi ai difensori minaccioso e insieme studiando i punti deboli dove concentrare l’attacco. Poi, cedendo ai consigli di Tarlatino, aveva mandato messaggeri a chieder la resa e fissarne le condizioni, sperando dentro di sé in un rifiuto.

mercoledì 20 maggio 2020

IL VETRO INFRANGIBILE - apologo


Nella Roma dei Cesari, al tempo dell’imperatore Tiberio, qualcuno aveva scoperto da poco un nuovo metodo per lavorare il vetro: soffiando con una canna nel composto incandescente appena tolto dalla fornace, si poteva dar forma ad oggetti utili e bellissimi. Questo nuovo metodo aveva abbassato di molto i costi di produzione, il vetro era diventato un prodotto popolare e così nell’Urbe erano fiorite decine di botteghe di vetrai. Plinio il Vecchio racconta la storia di uno di loro, senza tuttavia dirci il suo nome.

sabato 16 maggio 2020

CAPITOLO 35 - FUGA DAL BASTARDO


Il fracasso della porta spalancata all’improvviso abbatté la mia illusione d’aver trovato finalmente il posto adatto per condurvi una vita tranquilla. La prossima tribolazione aveva gli occhi sgranati sulla faccia smunta d’un lavorante malmesso, che nella concitazione inciampò sulla soglia della sacrestia e mancò poco finisse lungo disteso sui lastroni dell’impiantito.

CAPITOLO 34 - I PIANI DEGLI ARETINI


Ma l’esercito aretino non sarebbe arrivato, almeno per quella notte: messo a fuoco il castello di Quarata e a sacco il borgo, i giovani di Arezzo e le Compagnie degli alleati si dettero alla baldoria, a spese dei Quaratini, che alla fine pagavano il fio della loro antica fedeltà a Firenze.
Nella chiesa del borgo, unico luogo con un po’ di pace, Piero de’ Medici, spinto da Fabio Orsini, chiese a Vitellozzo di riunire i Capitani per decidere la condotta da tenere.
Era arrivata la nuova della fuga del Giacomino, e dunque bisognava muoversi. Come dicevano i fabbri del Casentino, il ferro va battuto quando è caldo.

CAPITOLO 33 - I FIORENTINI IN FUGA


Il nome stesso del Castelluccio dice che non era granché, militarmente parlando, e tuttavia il Giacomino l’aveva valutato più sicuro di Quarata, per essere di là dall’Arno rispetto ad Arezzo, ed insieme assai ben difendibile e abbastanza vicino alla città per quando fosse venuto il momento di attaccare.
Davanti all’impaziente Commissario, nell’assolato pomeriggio, un soldato ansimante ed esausto stava piegato in due, cercando di recuperare un poco di fiato. Era bagnato fradicio e suscitava la compassione dei suoi colleghi intorno, senza però smuovere lo sguardo duro del Giacomino.

CAPITOLO 32 - LA PRESA DELLA FORTEZZA


Il sabato 18 di giugno Nerone non stava nella pelle. Quindici giorni c’erano voluti, due intere settimane di scaramucce manovre e discussioni, per arrivare finalmente a dar l’assalto alla Fortezza. A che serve aver preso la città se i Fiorentini tengono la Cittadella? Lo aveva ripetuto infinite volte a Vitellozzo, negli ultimi giorni. Lo aveva detto a Giampaolo Baglioni al suo arrivo in città, il  martedì precedente.

CAPITOLO 31 - UNA SETTIMANA MOVIMENTATA


Il mercoledì, giorno dopo l’arrivo di Vitellozzo, Nerone condusse le sue bande alla conquista del Casentino, arrivando fino a prendere Rassina quasi senza colpo ferire.
Al suo fianco Maestro Leonardo osservava la stretta valle, attento ad ogni anfratto, alle svolte dell’Arno, ai fossi, alle radure, ai castelli, alle strade montane che varcavano il Pratomagno, per scendere il versante del Valdarno, o le pendici del Mugello, verso Firenze.

EPISODIO 35 - VERSO CAMPALDINO



Fra Giacomo, uscito come ogni mattina con scopa e badile a pulir lo spiazzo davanti al convento, s’appoggiò al Murello pensieroso: c’era una calma innaturale, per le vie d’Arezzo, deserte nonostante la bella stagione. Niente chiasso di bimbi, né ciarlar di comari; fermo il via vai dei commerci, assenti le usuali ronde di armati, nessun prete che salisse al Duomo o chierico che s’avviasse allo Studio; silenziosi pure i cantieri che di solito assordavano la città col loro fracasso. Sotto di lui, lungo la Ruga Mastra, era deserto anche il cantiere di casa Mauri.

EPISODIO 34 - AMORE E GUERRA



L’appuntamento con gli sposi era fissato per un’ora prima di nona, ma già da un pezzo Guglielmino si trovava all’interno della sua Cattedrale, in contemplazione. Si sorprese ad accarezzare i bronzi del Campanella appoggiati in un angolo, e pensò che forse non sarebbe riuscito a veder chiuse le bifore dell’abside con vetrate policrome come quelle ammirate a Lione, durante il concilio del '74. Vagò per il tempio e desirerò di esservi sepolto, per udire, dalla dimora eterna, le note del canto gregoriano spandersi per le navate prima di raggiungerlo presso il Trono dell’Altissimo. Un senso di vertigine lo costrinse a sedersi su una panca addossata al muro di mancina, dove uno scalpellino aveva lasciato le pietre sbozzate e gli arnesi per farne un altare.

EPISODIO 33 - UNA FESTA INTERROTTA




Dopo laudi, Guglielmino s’era trattenuto nella cappella di San Gregorio, consumando in preghiera le ore della mattina. Era quasi sesta quando una mano posata sulla sua spalla lo fece trasalire. L’Arcidiacono di Cattedrale, un giovane prete magro e dal colorito slavato, gli si rivolse rispettoso: «Perdonate, monsignor Vescovo, ma il Podestà è qui e chiede di parlarvi»

EPISODIO 32 - VERSO LE NOZZE



Andavano al piccolo trotto, i cavalli dei Mauri, lungo la via Maggiore, diretti alla città. Andavano al piccolo trotto per non sollevare troppa polvere e rovinare le vesti da cerimonia dei signori o le corazze tirate a lucido degli armati. Sventolava festosa la mezzaluna d’argento e la pantera rampante sui vessilli. Il fedele Oddo conduceva, di fianco al suo, il cavallo bianco destinato a portare la sposa a Muciafora, bardato con finimenti dorati e gravato della sella da donna usata a suo tempo dalla Ilde.

EPISODIO 31 - SABATO 4 GIUGNO 1289



Una luna quasi piena rischiarava la notte stellata, gettando un raggio fin dentro la camera di Mauro. L’alba del 4 di giugno avrebbe illuminato tra poco il sabato fissato per le nozze.
L’agitazione gli aveva impedito di chiudere occhio: il momento atteso era finalmente giunto. Stava per avere la sua Berta e cominciava per lui una vita nuova, da uomo. Al confronto sbiadiva la memoria dell’investitura a cavaliere, che pure tanto lo aveva inorgoglito, o l’esordio in battaglia, sul San Donato. Già sentiva l’onore d’esser lui, ora, la famiglia Mauri, e di aggiungere un anello alla catena delle generazioni.

martedì 12 maggio 2020

L'ULTIMO EREMO - racconto


Quel pomeriggio di primavera del 1025, regnando Nostro Signore Gesù Cristo, un cielo plumbeo prometteva rovesci.
Teodaldo sedette sotto un ulivo, sulla sommità del colle del Pionta, come faceva spesso, per riflettere e pregare in solitudine. Ignorando il tempo, poggiò i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani. Si sentiva triste, sfiduciato, stanco.

venerdì 8 maggio 2020

EPISODIO 30: FIRENZE VA ALLA GUERRA


Rinaldo dei Bostoli non stava nella pelle dalla gioia. Nella grande spianata l’accampamento cresceva ogni giorno per l’affluenza di nuove compagnie. Finalmente il Comune aveva deciso la guerra e le insegne della Lega Guelfa sventolavano davanti alla Badia di Ripoli, chiamando all’arruolamento. Merito dello Zoppo, pensò Rinaldo.

EPISODIO 29: ANCORA UN INCIDENTE



"Il vescovo è tornato!"
«Pietro, che dite? Guglielmino è in città?»
«Precisamente! Da ieri mattina è di nuovo nel suo palazzo. Caro Bencio, avreste dovuto vedere!»
Pietro smontò da cavallo e si avvicinò al Moro, seduto sul suo masso a godersi il tiepido sole pomeridiano dell’ultimo lunedì di marzo. La Berta e Mauro, usciti a passeggio tra le viti, rientrarono di corsa.

EPISODIO 28: ASSEDIO A CIVITELLA



Avevano scelto di raggiungere il mercatale di Civitella dalla via senese del Presciano: sarebbero arrivati dall’alto del poggio di Gaenne, ottenendo un chiaro vantaggio strategico. Per sovrappiù vi sorgeva un maniero proprietà degli stessi Tarlati, che lo usavano per controllare i movimenti del Vescovo. Il mercatale di Civitella occupava una sella della giogaia di monti che separano la valle del Chiana da quella dell’Ambra.

EPISODIO 27: UCCIDETE GUGLIELMINO!




"Dobbiamo risolvere la questione una volta per tutte!» la voce di Tarlato dei Tarlati risuonò nel salone del Consiglio Grande. I pugni piantati a mezzo del lungo tavolo, fissò la teoria di stemmi appesi alle pareti. Guido Novello si dichiarò d’accordo: «Non possiamo subire oltre le sue continue altalene. I guelfi son banditi ormai da due anni, Arezzo è ghibellina e per San Donato ghibellina resterà! Basta compromessi!"

EPISODIO 26: ANCORA VOCI D'UNA TRATTATIVA



Data l’acqua alle mani dal bacile sul quale galleggiavano profumati petali di rosa, si posero a tavola davanti ad una fumante zuppa di porco. La Ilde servì personalmente gli ospiti e si soffermò a descrivere sottovoce la ricetta alla Berta: «Le braciole di maiale si devono tagliare a strisce, non più alte di due pollici, e vanno rosolate a puntino, girandole spesso. Con le spezie, poi, non si può fare economia, e la cipolla va ben cialdellata nel lardo. Il segreto sta nella cannella: non va messa a bollire col resto, ma aggiunta alla fine, prima di servire!»

CAPITOLO 30: LA CACCIATA DELLA MARIA



Fra Giacomo, uscito come ogni mattina con scopa e badile a pulir lo spiazzo davanti al convento, s’appoggiò al Murello pensieroso: c’era una calma innaturale, per le vie d’Arezzo, deserte nonostante la bella stagione. Niente chiasso di bimbi, né ciarlar di comari; fermo il via vai dei commerci, assenti le usuali ronde di armati, nessun prete che salisse al Duomo o chierico che s’avviasse allo Studio; silenziosi pure i cantieri che di solito assordavano la città col loro fracasso. Sotto di lui, lungo la Ruga Mastra, era deserto anche il cantiere di casa Mauri.

CAPITOLO 29: L'ARRIVO DI VITELLOZZO


Martedì 7 di giugno era una bella giornata. In quei giorni l’affluenza non era mai mancata, sulla piazza antistante il Palazzo dei Priori, ma quella mattina pareva d’esser tornati alle ore convulse del sabato. Un’animata eccitazione percorreva la folla, convocata una volta di più dalla Campana di Palazzo.

CAPITOLO 28: LA MARIA IN CONVENTO


L’antico monastero delle Murate di San Benedetto, che occupava un vasto palazzo tra la via Sacra e la contrada delle Fosse, a pochi passi dalla Porta di San Clemente, da qualche giorno era in preda all’agitazione. Il venerdì precedente, sotto lo stesso temporale che aveva accompagnato il Commissario fiorentino di ritorno da San Sepolcro, al convento era giunto il Priore Generale dell’Ordine Camaldolese, Pietro Dolfino, quello che mi aveva condotta ad Arezzo. Avevo ancora nelle orecchie le sue maledizioni alla città che non amava, preferendole la pace di Camaldoli o i fasti della Curia romana, quasi che le intemperie stesse fossero colpa degli Aretini.

CAPITOLO 27: SCONTRO SULLA STRADA PER QUARATA


Nel pomeriggio chiaro di lunedì 6 di giugno la mente di Nerone non conservava traccia delle titubanze, delle incertezze e della vertigine seguita alla liberazione di Arezzo. Avanzava sulla Cassia Antica verso Quarata, fiero in sella e l’archibugio a tracolla. Dietro di lui i giovani aretini accorsi alla sua chiamata, qualcuno a cavallo, spada nel fodero e lancia in pugno, i più a piedi e dotati solo di picca o bastone, come s’usava un tempo, ma tutti chiassosi e spavaldi, sospinti dall’entusiasmo per una riscossa finora inattesa ed ora improvvisamente possibile. Al suo fianco, ancor più fiero di lui, il giovane Baccio.

CAPITOLO 26: E ORA? LE ORE SUCCESSIVE


La pesante Porta di Sant’Angelo lentamente si aprì cigolando sui cardini. Il sole del primo pomeriggio aveva finalmente vinto sulle nuvole, disperdendole, ma lasciava in ombra il lato delle mura rivolto a tramontana e il Corridoio Fiorentino, e su quell’ombra calpestavano l’erba gli zoccoli del cavallo di Francesco Albergotti. Un Arcangelo San Michele scolpito nella pietra, dall’alto della Porta sembrava alzare minaccioso il braccio armato sulla testa del cavaliere, guardandolo come si guarda un traditore o un venduto.