venerdì 8 maggio 2020

EPISODIO 30: FIRENZE VA ALLA GUERRA


Rinaldo dei Bostoli non stava nella pelle dalla gioia. Nella grande spianata l’accampamento cresceva ogni giorno per l’affluenza di nuove compagnie. Finalmente il Comune aveva deciso la guerra e le insegne della Lega Guelfa sventolavano davanti alla Badia di Ripoli, chiamando all’arruolamento. Merito dello Zoppo, pensò Rinaldo.

In effetti Carlo Secondo d’Angiò, Re di Francia, detto lo Zoppo per un evidente difetto fisico, scendendo la penisola col suo esercito, s’era fermato in Firenze giusto un paio di settimane prima, accolto con calore dalla città intera.
Poi, al momento di ripartire, s’era sparsa la voce che il Vescovo d’Arezzo avesse mandato delle masnade verso la valle dell’Elsa, per assalire la colonna del Re in marcia per Roma. A Rinaldo non fece meraviglia che Guglielmino avesse capito la pericolosità, per i ghibellini, di quella visita e volesse stroncare ogni velleità bellicosa dei suoi nemici.
Ma stavolta i Priori di Firenze si dimostrarono all’altezza e lo Zoppo fu scortato fino a Siena da un vero e proprio esercito: quasi mille cavalli e più di tremila fanti. L’assalto preparato da Guglielmino non poté avvenire e i Francesi passarono indenni.
Grato ai Fiorentini, Carlo concesse loro il vessillo reale e lasciò in città un contingente comandato addirittura dal suo siniscalco, il giovane Aimeric Duca di Narbona. Adesso davanti alla Badia di Ripoli i gigli rosssi in campo azzurro degli Angiò affiancavano il giglio di Firenze e l’aquila rossa della Lega Guelfa che ghermisce il drago ghibellino.
Rinaldo li mirava soddisfatto: era l’ora, si disse. Solo un dubbio gli restava. Il luogo dell’accampamento, subito fuori Firenze sulla via di San Donato in Collina, voleva dir che si andava ad Arezzo per la via diretta, traversando il Valdarno: dunque li aspettava un nuovo assedio, come l’anno passato. Accennò con le dita uno scongiuro, visto com’era finita allora.
«Non vi preoccupate, nobile Bostoli. Non vi saranno assedî, ma un memorabile scontro in campo aperto». Corso Donati aveva il dono sgradito di materializzarsi all’improvviso, e per di più pareva che avesse letto i suoi pensieri.
«E chi vi dice che il Vescovo uscirà dalle mura?»
«Non potrà fare altro, quando verrà a sapere che stiamo salendo al valico della Consuma».
«Dunque non si va ad Arezzo?»
«Certo, ma si passa dal Casentino, e voglio vederli, Guglielmino e Guido Novello, lasciar nelle nostre mani il castello di Poppi o l’amata Bibbiena».
Rinaldo sorrise, adesso sì davvero soddisfatto.
«Preparatevi a tornare a casa» fu il saluto del Donati.

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