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Rinaldo
dei Bostoli non stava nella pelle dalla gioia. Nella grande spianata l’accampamento
cresceva ogni giorno per l’affluenza di nuove compagnie. Finalmente
il Comune aveva deciso la guerra e le insegne della Lega Guelfa sventolavano davanti
alla Badia di Ripoli, chiamando all’arruolamento. Merito dello Zoppo, pensò
Rinaldo.
In effetti
Carlo Secondo d’Angiò, Re di Francia, detto lo Zoppo per un evidente difetto fisico,
scendendo la penisola col suo esercito, s’era fermato in Firenze giusto un paio
di settimane prima, accolto con calore dalla città intera.
Poi,
al momento di ripartire, s’era sparsa la voce che il Vescovo d’Arezzo avesse
mandato delle masnade verso la valle dell’Elsa, per assalire la colonna del Re in
marcia per Roma. A Rinaldo non fece meraviglia che Guglielmino avesse capito la
pericolosità, per i ghibellini, di quella visita e volesse stroncare ogni
velleità bellicosa dei suoi nemici.
Ma
stavolta i Priori di Firenze si dimostrarono all’altezza e lo Zoppo fu scortato
fino a Siena da un vero e proprio esercito: quasi mille cavalli e più di
tremila fanti. L’assalto preparato da Guglielmino non poté avvenire e i Francesi
passarono indenni.
Grato
ai Fiorentini, Carlo concesse loro il vessillo reale e lasciò in città un
contingente comandato addirittura dal suo siniscalco, il giovane Aimeric Duca
di Narbona. Adesso davanti alla Badia di Ripoli i gigli rosssi in campo azzurro
degli Angiò affiancavano il giglio di Firenze e l’aquila rossa della Lega Guelfa
che ghermisce il drago ghibellino.
Rinaldo
li mirava soddisfatto: era l’ora, si disse. Solo un dubbio gli restava. Il
luogo dell’accampamento, subito fuori Firenze sulla via di San Donato in
Collina, voleva dir che si andava ad Arezzo per la via diretta, traversando il
Valdarno: dunque li aspettava un nuovo assedio, come l’anno passato. Accennò
con le dita uno scongiuro, visto com’era finita allora.
«Non
vi preoccupate, nobile Bostoli. Non vi saranno assedî, ma un memorabile scontro
in campo aperto». Corso Donati aveva il dono sgradito di materializzarsi
all’improvviso, e per di più pareva che avesse letto i suoi pensieri.
«E
chi vi dice che il Vescovo uscirà dalle mura?»
«Non
potrà fare altro, quando verrà a sapere che stiamo salendo al valico della
Consuma».
«Dunque
non si va ad Arezzo?»
«Certo,
ma si passa dal Casentino, e voglio vederli, Guglielmino e Guido Novello,
lasciar nelle nostre mani il castello di Poppi o l’amata Bibbiena».
Rinaldo
sorrise, adesso sì davvero soddisfatto.
«Preparatevi a tornare a casa» fu il saluto del
Donati.
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