giovedì 26 marzo 2020

CAPITOLO 13 - LA FURIA DI VITELLOZZO

Ai primi di luglio Vitellozzo lasciò Roma con il Borgia ed il Baglioni, messosi anch’egli al soldo del Valentino, e si spostò nel regno di Napoli. Disponeva di quattrocento fanti e di cento lance francesi. Con la livrea giallo cremisi del Valentino conquistò l’Aquila, e poi andò all’assedio di Capua.

Sapeva che a difenderla c’era Fabrizio Colonna, insieme al suo peggior nemico, Ranuccio da Marciano. Intavolò trattative per la resa, ma aveva fretta. A sorpresa e a tradimento, mentre si discuteva, irruppe in città e la mise a ferro e fuoco. In un sussulto di orgoglio e di coraggio Ranuccio, anziché darsi alla fuga, si batté per arginare il saccheggio, finché un verrettone gli si piantò in un fianco. Fatto prigioniero dagli uomini del Borgia, venne affidato alle cure d’un medico, per poterne ottenere, come d’uso, un buon riscatto. Ma l’odio di Vitellozzo era di diverso avviso e s’accordò con un servo per fargli mettere nepente negli impacchi per le ferite: l’agonia, terribile, si trascinò per due giorni.
Chissà perché, la vendetta non disseta. Tornato nelle Marche, mise a sacco Casavecchia, nel territorio di Camerino.
In agosto passò sotto il castello di Contigliano, nel reatino. Si avvicinò alle mura pretendendo vettovaglie per i suoi uomini, ma dagli spalti una donna gli lanciò un sasso che lo colse sulla testa, causandogli un vistoso taglio.
Come una furia espugnò il castello e passò a fil di spada la donna ed altre 130 persone.
Arrivato a Terni, gli abitanti terrorizzati gli consegnarono quattromila ducati. Provocò danni a Corbara, Sugano e Porano, e poi ad Acquapendente e a Bolsena. In settembre tornò a Piombino assediata, e la prese per fame.
Si placò soltanto verso la fine dell’anno, quando Città di Castello lo accolse per un breve riposo.
Tarlatino lo vedeva stanco. La malaria contratta a Pisa aveva lasciato postumi che ogni tanto si facevano sentire. Sciocchezze, sosteneva nelle settimane di eccitazione guerresca, ma il suo fisico non era più tornato la possente macchina di prima, e specie in inverno affanno e tosse lo tormentavano con frequenza crescente.
Vitellozzo si rendeva conto che le sue condizioni potevano peggiorare. Sapeva di dover fare in fretta, se voleva prender Firenze. Sfumata l’opportunità di entrarvi col Valentino, non gli restava che riprendere il piano originale: bisognava passare per Arezzo.

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