Ai primi di luglio
Vitellozzo lasciò Roma con il Borgia ed il Baglioni, messosi anch’egli al soldo
del Valentino, e si spostò nel regno di Napoli. Disponeva di quattrocento fanti
e di cento lance francesi. Con la livrea giallo cremisi del Valentino conquistò
l’Aquila, e poi andò all’assedio di Capua.
Sapeva che a difenderla
c’era Fabrizio Colonna, insieme al suo peggior nemico, Ranuccio da Marciano.
Intavolò trattative per la resa, ma aveva fretta. A sorpresa e a tradimento,
mentre si discuteva, irruppe in città e la mise a ferro e fuoco. In un sussulto
di orgoglio e di coraggio Ranuccio, anziché darsi alla fuga, si batté per
arginare il saccheggio, finché un verrettone gli si piantò in un fianco. Fatto
prigioniero dagli uomini del Borgia, venne affidato alle cure d’un medico, per
poterne ottenere, come d’uso, un buon riscatto. Ma l’odio di Vitellozzo era di
diverso avviso e s’accordò con un servo per fargli mettere nepente negli
impacchi per le ferite: l’agonia, terribile, si trascinò per due giorni.
Chissà perché, la
vendetta non disseta. Tornato nelle Marche, mise a sacco Casavecchia, nel
territorio di Camerino.
In agosto passò sotto
il castello di Contigliano, nel reatino. Si avvicinò alle mura pretendendo
vettovaglie per i suoi uomini, ma dagli spalti una donna gli lanciò un sasso
che lo colse sulla testa, causandogli un vistoso taglio.
Come una furia espugnò
il castello e passò a fil di spada la donna ed altre 130 persone.
Arrivato a Terni, gli
abitanti terrorizzati gli consegnarono quattromila ducati. Provocò danni a
Corbara, Sugano e Porano, e poi ad Acquapendente e a Bolsena. In settembre
tornò a Piombino assediata, e la prese per fame.
Si placò soltanto verso
la fine dell’anno, quando Città di Castello lo accolse per un breve riposo.
Tarlatino lo vedeva
stanco. La malaria contratta a Pisa aveva lasciato postumi che ogni tanto si
facevano sentire. Sciocchezze, sosteneva nelle settimane di eccitazione
guerresca, ma il suo fisico non era più tornato la possente macchina di prima,
e specie in inverno affanno e tosse lo tormentavano con frequenza crescente.
Vitellozzo si rendeva conto che le sue
condizioni potevano peggiorare. Sapeva di dover fare in fretta, se voleva
prender Firenze. Sfumata l’opportunità di entrarvi col Valentino, non gli
restava che riprendere il piano originale: bisognava passare per Arezzo.
Nessun commento:
Posta un commento