giovedì 26 marzo 2020

EPISODIO 15 - CITTA' E CAMPAGNA



Pietro si alzò: «Adesso andiamo. Devo tornare alla Ruga Mastra per parlare col capomastro »
«Posso venire con voi? Ho da fare anch’io, in città».
Pietro sorrise: «D’accordo».
Il giovane si ricordò della mela e in quattro morsi divorò finalmente la sua colazione.

In città lasciarono i cavalli come al solito nella stalla dei Ricoveri. Mauro s’incamminò allegro su per la Chiassaia, svoltò nella contrada di Bongianni e la percorse di lena, come chi abbia fretta per il troppo daffare. Giunto però all’altezza della bottega di Bencio, buttò un’occhiata all’interno: la Berta era sola, intenta a spolverare alcuni vasi, canticchiando.
Il giovane forzò un colpetto di tosse e fece per proseguire.
«Mauro!» trasalì lei. Poi si mise un dito alla bocca per indicargli di far piano, come fosse stato lui a far chiasso, e s’avvicinò all’uscio. Gli occhi le brillavano, mentre gli sussurrò: «Aspettatemi più avanti, alla curva; arrivo subito». Rimase impalato. «Su, andate!» insisté lei.
Lui s’avviò, sempre voltato alla bottega. Si sentiva rimestare dentro: “Dio, com’è bella!”
La Berta sparì all’interno.
Si dette una rassettata, ravviò i capelli e poi buttò una voce al padre, di sopra: «Babbo, vo’ a portare quelle ciotole che ci ha chiesto Nicoluzio, nel Borgo Maestro»
«Che? Dove vai?»
«Da Nicoluzio! Con le ciotole!»
«E perché proprio adesso? È quasi ora di desinare, e poi son pesanti, e io ho da fare: chi la guarda, la bottega?»
«Ci metto un minuto. Sentirete, se arriva qualcuno. E non vi preoccupate per il peso: son robusta, lo sapete»
«Benedetta figliola! Tutta la tua povera mamma: quando hai detto, non ti si smuove! Fa’ svelta, però»
«Vado». Era già fuori, e il peso le impedì di correre come voleva. Ma alla svolta l’attendeva Mauro, appoggiato al muro dell’orto dei Visdomini, e prese in consegna il vasellame.
«Li devo portare in Borgo Maestro, ma non c’è fretta». Il sorriso innocente contrastava con l’occhiata che gli lanciò, aumentando la confusione nella testa del giovane. «Voi, piuttosto, come mai da queste parti?»
«Ecco, anche prima, sull’uscio, mi avete dato del voi. Ma l’altra sera non fu così, però»
«Il babbo dice che agli uomini devo dare del voi».
«Ah, bene. Allora vorrà dire che userò il voi anch’io!»
«No no! Non voglio che mi date, cioè che mi dai... ma poi, di fronte alla gente...»
«Con la gente ci si penserà»
«Sì, ma insomma, com’è che passavi di qua?»
«Ho accompagnato mio padre alla Ruga Mastra»
«Dunque vi fate cittadini»
«Speriamo».
Risalirono la contrada d’Isacchino. Lei gli trotterellava davanti, voltandosi spesso. Lui la seguiva, ammirandone le forme e i riflessi dei capelli bruni, sciolti sulle spalle all’uso delle nubili e ornati da un nastro color dell’oro. Incrociarono un gruppo di persone frettolose avvolte nei loro mantelli, una donna si trascinava dietro il figlioletto, un vecchio discendeva la contrada rasente i muri per evitar le raffiche di tramontano, curvo sotto il peso d’un enorme sacco. Mauro però non aveva occhi che per la Berta. Arrivati al Murello, si fermarono ad ammirare il panorama.
«Io, invece, vorrei tornare in campagna». Lo sguardo le si velò di nostalgia. «Quand’ero piccola, a Santa Forména dalla nonna, ci s’aveva tante galline, e oche dagli occhi azzurri, e maiali. Ero io che li badavo, e ci giocavo, e ad ognuno avevo dato un nome. E c’era un bosco di querce, dietro casa, e ci portavo i maiali, e il più piccino, un musetto nero perennemente sporco di fango, lo avevo chiamato Grugno perché grugniva in continuazione come fosse arrabbiato».
La Berta aveva avviato un’altra delle tirate che Mauro cominciava a conoscere e che cercò di fermare mentre lei riprendeva fiato: «Sì, ma alla lunga è monotono. In città c’è più vita»
«Ma a quale prezzo, eh? Guardati intorno: confusione e sporcizia dappertutto! E poi agguati e uccisioni quasi ogni notte»
«Per quello, anche nel contado non si sta tranquilli: ogni primavera passa un’oste e fa razzia»
«Ma ci sono ancora i cavalieri, a difendere i deboli» lo guardò sorniona e Mauro colse una punta di ironia. «E nelle veglie d’inverno i vecchi raccontano storie al caldo delle stalle o intorno al focolare. In città il denaro è il vero padrone, e porta con sé intrighi odi vendette»
«Proprio tu, figlia di artigiano, disprezzi la ricchezza?»
«E tu, allora, nobile ghibellino, ripudi gli ideali cavallereschi?» Con una sonora risata, Berta mise fine alla discussione.
«Su, dammi le ciotole, ché se sto qui a ragionare si fa tardi!»
«Ancora un momento»
«Su, su, raggiungi tuo padre, che t’aspetta. Ci rivedremo, se Dio vorrà!»
Sparì dietro l’angolo della contrada di Montetino in direzione del Borgo Maestro, lasciandolo confuso.
Al cantiere sulla Ruga Mastra Pietro lo aspettava seduto accanto al capomastro su un mucchio di pietre squadrate, mangiando pane e pesce essiccato, e bevendo vino, di tanto in tanto, da una fiasca da viaggio. Davanti a loro un focherello d’assi sminuzzate dava una vaga sensazione di calore a mani e piedi.
«Oh, eccoti qui, mangia qualcosa». Gli allungò un pezzo di pane e un trancio di stoccafisso salato: «Poi andremo. Prima di buio bisognerà essere a casa e oltretutto il cielo promette neve».
Mauro s’accorse allora che il vento era calato e s’era avanzato sulla città un velo grigio gravato d’un alone biancastro.
«Io pensavo» rifletté il capomastro riprendendo il filo del colloquio interrotto dall’arrivo del giovane «che si potrebbe rimettere gli arnesi e sistemare il materiale, ché da qui a primavera la stagione ci consentirà ben poco»
«Come volete, mastro Simo, l’architetto siete voi, anche se vorrei vederla finita prima del prossimo inverno»
«Non sarà facile!»
Le campane di Santa Maria in Gradi batterono l’ora nona.
Qualche minuto dopo, padre e figlio cavalcavano di nuovo verso Muciafora, silenziosi. Sulle loro teste cominciarono a danzare i primi fiocchi di neve, all’inizio piccoli e radi e leggeri, per farsi poi più corposi e fitti.
Arrivarono al Ponte di Classe sotto un’intensa nevicata.

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