Verso sera un’ombra avvolta in un logoro mantello
imboccò la Via Sacra. Con la mano teneva il lembo del cappuccio calato sulla
testa per proteggersi dal vento forte, levatosi improvviso a sollevare turbini
di polvere sotto un cielo che s’era fatto rapidamente scuro.
Dopo pochi
faticosi passi appoggiato al suo bordone, il pellegrino venne investito da una
tempesta d’acqua e grandine. Lampi percorrevano l’aria cupa accendendo le
pozzanghere subito grosse. Rombi di tuono chiamavano la fine del mondo. Voleva
affrettarsi ma i piedi, mal protetti da un paio di sandali leggeri, affondavano
nel fango d’una via divenuta pantano. Avanzava rasente i muri, schiaffeggiato
dalla pioggia.
Un temporale può far paura, ed era la paura a muover
le sue gambe verso lo spedale della Santissima Annunziata, ormai vicino.
Finalmente, fradicio e inzaccherato, arrivò a sospinger la porticina, grato a
chi l’aveva accostata senza chiuderla.
Una volta dentro, gli giunsero dalla cucina voci
concitate: altri eran corsi al riparo dall’improvvisa bufera. Sentiva il crepitio
rassicurante del fuoco, ma rimase nel vestibolo. Si sfilò il mantello zuppo e
la luce agitata d’un unico cero illuminò un viso giovane ma scarno e un corpo troppo
magro, coperto da un saio corto di lana grezza e scosso da un tremito
irrefrenabile.
Sedette su un vecchio sgabello e pian piano si calmò
fissando il tremolio della fiammella. Il viaggio verso casa era ancora lungo.
Non riusciva neanche più a ricordare da quanto mancasse dalla sua Liguria.
All’inizio dell’avvento era partito per il suo pellegrinaggio alla Madonna di
Loreto. D’inverno, a piedi, per fare penitenza vera, e senza un soldo, vivendo
d’elemosina come i pellegrini antichi, e cercando ogni sera rifugio in uno
spedale per viandanti poveri, a condizione che fosse dedicato a Maria
Santissima, perché la Madre di Gesù doveva guarirlo.
Soffriva di mal
caduco e le crisi epilettiche lo accompagnavano fin da bambino. Diverse volte
s’era ferito cadendo, e una volta aveva pure sbattuto la testa sullo spigolo
d’un cassone. Gli avevano fatto mangiare uova di corvo, messo al collo per anni
una collana d’erbe strane, dato da bere acqua di rosa, spalmato sul petto olî
puzzolenti, sottoposto agli strani riti di vecchie streghe.
Invano. Le crisi tornavano e parevano farsi più
frequenti.
«Non ti resta che la Madonna» gli disse sua madre,
terrorizzata dalla sorda paura del contagio che teneva tutto il villaggio
lontano dalla loro casa. «Lei sola ti può guarire. Lei ti può mettere in bocca,
mentre dormi, un grano di elleboro. Vai a Loreto, Lei ti parlerà e tornerai
guarito».
A Loreto la voce della Madonna non s’era fatta
sentire, ma almeno dall’inizio di quell’avventura non aveva più avuto crisi. E
non è forse vero che un pellegrinaggio finisce solo quando sei tornato a casa?
Così prese la via del ritorno tenendosi stretta ancora qualche speranza.
Arrivato ad Arezzo, venne a sapere che in antico gli
epilettici pregavano san Donato patrono della città, e decise di fermarsi. Salì
alla cattedrale dedicata al santo e poi entrò nella pieve che ne custodiva la
testa, rotolata fin lì dopo la decapitazione. Infine chiese ai monaci di Santa
Maria in Gradi di potersi lavare con l’acqua del pozzo che si trova dentro
quella chiesa. Ma non era successo niente.
E l’indomani sarebbe ripartito. L’inverno e il suo
pellegrinaggio stavano finendo. Aveva fatto tutto ciò che doveva, ma
sinceramente quella sera, tremante e infreddolito, avvertiva la sua fede
vacillare come la fiammella del cero che lo illuminava. La fiammella d’un cero…
Si chiese che ci stesse a fare nel vestibolo d’uno spedale, accesa davanti ad
una cortina leggera, ma lo sfinimento ebbe il sopravvento sulla curiosità.
Era troppo stanco per alzarsi, sentiva arrivare il
sonno ed era digiuno dal giorno prima. Magari avrebbe dovuto raggiungere gli
altri che chiacchieravano, di là in cucina, e rimediare qualcosa da mettere
nello stomaco, ma aveva anche fatto voto di solitudine ed intendeva
rispettarlo, almeno fino a casa.
Chiuse gli occhi, finché udì un pianto sommesso sovrapporsi
alle voci. Un pianto vicino, che divenne singhiozzo per qualche momento, e poi
tacque. Chi c’era, nel vestibolo? L’ambiente era troppo piccolo e disadorno per
nascondere qualcuno, la porta sulla via non l’aveva aperta nessuno, e nessuno
era comparso dalla cucina o dal dormitorio.
Pareva un pianto di donna. Ma non era lo spedale
degli uomini, quello? Non erano voci maschili, quelle che sentiva di là? Eppure
pareva proprio il lamento d’una donna. Eccolo di nuovo, dalla cortina dietro il
cero. Chi si nascondeva?
Si alzò, incerto, per scostare il lenzuolo. Una
grata di legno scurito dal tempo chiudeva un vecchio armadio. Il pianto zittì. Schiuse
piano le ante, che cigolarono sui cardini.
Occhi severi lo guardarono. Lui sbiancò, scattando
all’indietro, ma era solo una statua: il simulacro d’una Madonna triste, in
piedi, sorreggeva il suo Bambino benedicente. Tutti e due lo fissavano. Poi
riprese il pianto, sommesso. Era Lei. La Madonna piangeva.
Sentì che gli tornava una crisi. Ne avvertì il
formicolio, tutto si fece bianco intorno, e cadde.
Dalla cucina sentirono il tonfo, corsero con un lume
e lo trovarono disteso sull’impiantito. Un rivolo di bava bianca colava dalla
bocca. Riconobbero il male e si bloccarono impauriti. Poi la statua pianse
ancora.
Si accorsero allora dell’armadio aperto e videro,
tutti, le lacrime rigare il volto triste della Vergine.
Lo spedaliere, col lume in mano, si buttò in
ginocchio.
Guardate, son lacrime! Lacrime? Da una statua di
terracotta? Lacrime, sì, lacrime vere, copiose. Guardate, guardate.
Ora nell’angusto vestibolo si stava stretti. Eran
corsi tutti: malati, poveri, viandanti. A bocca aperta e zitti, ascoltavano
quel pianto sconsolato.
Nessuno curò più il pellegrino, che tuttavia s’era
calmato da sé. La crisi ormai passata l’aveva lasciato come morto, ma respirava,
piano, regolare.
Un gruppo di fanciulle gravide arrivò dal vicino spedale delle donne. Fuori non pioveva più. Di colpo com’era iniziato, il
temporale era finito, il vento placato, la pioggia cessata. Ma la Madre Vergine
continuava a lacrimare.
Il pellegrino riaprì gli occhi. Dunque non s’era
trattato d’una visione. La Madonna piangeva davvero. Piangeva per lui, segno
che la sua sorte era segnata, che non sarebbe mai guarito. Si girò a guardare
quelli che aveva intorno, cercando appoggio. Ma scoprì che ognuno dei malati,
ogni donna grossa e abbandonata, ogni misero indigente che affollava il vestibolo
teneva gli occhi fissi sulla statua e gli parve che ciascuno fosse convinto,
come lui, che la Vergine piangesse per sé, per le proprie pene, per i propri
guai.
La Madonna piangeva la sorte di tutti, lì dentro, si
consolò il pellegrino. Forse piangeva sull’intera città. Forse sul mondo intero,
sbagliato violento e corrotto.
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