Verso la fine di quello stesso mese, messer Niccolò Machiavelli se ne stava seduto a
scrivere quando bussarono piano alla porta dello studio. Al suo invito ad
entrare apparve sulla soglia, seguendo il fastidioso cigolio dei cardini, un
ometto sulla cinquantina.
«Oh, messer Soderini! Venite avanti. A cosa devo la
visita del Gonfaloniere?»
«Salute a voi, messer Machiavelli. Non vi burlate di
me: sapete bene che non ho voluto io la carica. Pare che non vi fosse nessun
altro in grado di mediare l’intreccio infinito d’interessi e rivalità».
L’aspetto di Pier Soderini era dimesso, ma nelle sue
parole v’era una pacata dignità e la sua figura, nel complesso modesta, pure
infondeva rispetto. Machiavelli apprezzava l’uomo ma aveva sperato che i Priori
avrebbero trovato una guida più decisa ed autorevole, capace di far uscire il governo
della Repubblica dalla palude d’incertezza che lo imprigionava. Forse però il
Soderini non aveva torto: quando si fronteggiano interessi troppo forti e
radicati, l’unica cosa che può tenerli insieme è un’opera paziente di mediazione,
in attesa di tempi migliori. Peccato che nel frattempo Firenze fosse minacciata
su molti fronti.
La stessa visita del Soderini ne chiariva il
carattere e i limiti: un Gonfaloniere che va a casa del consigliere invece di
convocarlo!
Comunque, Niccolò era curioso di conoscere i motivi
che lo avevano portato nel suo studio e gli fece cenno di sedersi.
«Vi ruberò poco tempo, messer Machiavelli. Avrete
inteso dei movimenti del Vitelli e di come stia mettendo insieme un forte
esercito. Cosa ne pensate?»
«L’ostilità di Vitellozzo non è cosa nuova»
«Secondo voi siamo in pericolo?»
Niccolò sgranò tanto d’occhi. Possibile che il
Soderini fosse così ingenuo, santiddìo!? Era cieco o faceva finta di non
vedere? Il Gonfaloniere colse lo stupore dipinto sul viso del Machiavelli:
«Intendo dire che finora s’è mosso solo al servizio e sotto le direttive di
Cesare Borgia. Vi pare possibile che adesso voglia far da solo, o dobbiamo
aspettarci un attacco diretto del Valentino e delle truppe pontificie?»
«Non vedo la differenza. Quale che sia la livrea
delle sue compagnie, non cambia certo l’obiettivo della sua azione. Vi do un
consiglio, Soderini: agite con decisione. Convincete i Fiorentini a mettere
insieme l’esercito più forte che si possa e anticipate le mosse di Vitellozzo.
Portate la guerra in casa sua, prima che lui la porti in casa nostra»
«Come correte! Ho riunito i Priori, e l’opinione
prevalente è che il Vitelli voglia per il momento soltanto allargare il suo
stato. Siamo preoccupati per il Borgo San Sepolcro».
Niccolò crollò il capo sconsolato. «Magari prendere
il Borgo sarà la sua prima mossa, ma poi vorrà Arezzo, e Bibbiena, e il
Valdarno, e infine, certamente, Firenze. Non ne siete convinto anche voi?»
«Forse è come dite, ma non possiamo muovere una
guerra preventiva al Papa. Non ne abbiamo le forze, e inoltre come potremmo
giustificarla? Non dimenticate che anche Re Luigi protegge il Borgia. Manderò
al Borgo il Commissario d’Arezzo, perché si renda conto della situazione e ci
riferisca»
«Fate come volete. Il Gonfaloniere siete voi». Il
tono della voce di Niccolò era chiaramente irritato e convinse il Soderini a
metter fine al colloquio: «Grazie comunque. I vostri consigli son sempre
preziosi».
S’avviò alla porta.
«Allora ve ne do un altro. Mentre cercate di capire
quello che è fin troppo chiaro, mandate qualcuno pure al Re di Francia. Così,
tanto per ricordargli i patti che ha sottoscritto. Non vorrei che fossimo noi a
pagare per la sua protezione al Valentino. E preparatevi a metter mano alla
scarsella. Buona giornata, messer Soderini».
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