giovedì 16 aprile 2020

EPISODIO 24 - PRIGIONIERI!



Il 25 di marzo era un venerdì sereno e luminoso. Il cielo era striato da nuvole bianche che la brezza concentrava a tratti per poi stirarle in filamenti sottili. La pioggia aveva sciolto i residui cumuli di neve e l’erba donava un nuovo verde ai prati, punteggiati di margherite e primule. Sui rami le prime foglie spingevano impazienti.
L’attesa dell’incontro con la Berta accompagnava Mauro verso la Pieve di Santa Maria in Classe, distante meno di due miglia dalla sua Pieve di Santo Stefano.
Bencio aveva risposto: sia lui che la figlia erano lieti della proposta di matrimonio e non sarebbero mancati alla festa dell’Annunciazione.
Sui campi intorno alla Pieve pascolavano tranquilli vitelli mucche e pecore. La gente faceva calca sul sagrato e lo slargo davanti alla chiesa era tappezzato di fiori arbusti pianticelle che venditori accaniti proponevano alla folla. Liuti e tamburelli ritmavano l’allegro vociare mentre un forte odore di cacio e di strame pungeva le narici.
Mauro cercò invano la Berta nella ressa, quindi entrò in chiesa e risalì le file di panche e sedioli scrutando i volti in preghiera. Molti ne riconobbe e salutò, ma non erano quelli attesi. Tornò fuori. Lo stesso Pietro era perplesso.
Un vecchio cieco, seduto a chiedere la carità, allungò verso Mauro un braccio scheletrico: «Nobili signori, un tozzo di pane».
Il giovane ebbe un gesto spazientito, ma Pietro lo corresse: «Lui non ha colpa se ritardano» e rivolto al vecchio gli appoggiò una moneta nel palmo della mano. Il cieco rimase col braccio teso: «Sento apprensione, in voi. Non son tempi sereni, questi, e dovrete tribolare». Un brivido scosse Mauro.
La folla continuava ad affluire nel tempio, fino a stiparlo. Il pievano apparve sulla porta e invitò padre e figlio ad entrare. La funzione doveva cominciare. Dal suo posto in prima fila Mauro continuava a voltarsi, invano, ripetendo disattento le formule liturgiche insieme al coro dei fedeli.
Finita la messa, i sacerdoti e i chierici convenuti si sparsero nei prati a benedire le greggi e le mandrie, seguiti da frotte di ragazzini e dal fruscio delle gonnelle materne, mentre gli uomini si riunivano in gruppi, a discutere. Da un vicino forno bannale si spandeva la fragranza del pane appena cotto.
Verso mezzogiorno la gente cominciò ad avviarsi verso casa. I vaccari e i pastori formavano capannelli intorno ai fuochi accesi, da cui giungeva odor di carni arrosto.
Mauro non vedeva e non sentiva. Pur disperando ormai di veder comparire l’amata, non perdeva d’occhio la strada. Non poteva credere ad un ripensamento e continuava a ripetere: «Dev’esser successo qualcosa».
La Ilde era rimasta in chiesa a pregare. Pietro non sapeva come calmare il figlio: «Vedrai che arriveranno. Ci sarà una spiegazione».
«E’ successo qualcosa» insisté il giovane, e come in risposta sulla via di Arezzo, da una nuvola di polvere che si avvicinava rapidamente, emerse un cavaliere al galoppo. Era il medesimo messaggero dell’altro giorno, con le insegne di Campoleone.
Mauro gli s’attaccò alle briglie e il messo riferì ansimando le novità: «Han chiuso le porte di Arezzo. È ufficiale, attaccheranno Civitella. Ordine per tutti gli uomini atti a combattere di presentarsi subito, pena la cacciata dalla città»
«E’ una prepotenza!» tuonò Pietro, e la gente gli fece spazio. Il messo si rivolse a lui: «Hanno arrestato mercanti e artigiani che volevano sortir di città. Li sospettano di combutta col Vescovo. Io son fuori con un lasciapassare dell’Abbazia, e col preciso ordine di convocar le genti delle cortine».
Guardò Mauro e s’abbassò sul collo del cavallo: «Fra Giacomo m’incarica di dirvi che han preso anche Bencio e sua figlia». Poi tornò a parlare con Pietro: «Hanno concentrato tutti nella piazza di San Salvatore, dentro la Cittadella, e li tengono lì, all’aperto, da ieri sera. Dice che li processeranno al ritorno da Civitella». Era sfinito. Finalmente scese da cavallo e accettò dell’acqua.
Un attimo dopo Pietro e Mauro galoppavano verso la città, seguiti da Oddo. Sulla porta della chiesa, accanto al pievano, era comparsa la Ilde.

Nessun commento:

Posta un commento