domenica 11 giugno 2017

11 GIUGNO 1289: LA BATTAGLIA DI CAMPALDINO

Passim da LA RUGA MASTRA:

"Quelle mura laggiù, che città difendono?"
Mauro e gli altri della guardia osservarono increduli l'indice del Vescovo Guglielmino puntato sulla fila dei palvesi che proteggevano le formazioni guelfe. La campana dell'abbazia di Strumi batté l'ora terza d'una giornata afosa. Il libeccio spingeva grosse nubi sul crinale del Pratomagno, minacciando di farle rotolare sulla piana.
"Eminenza, quelle che vi sembrano mura sono i palvesi dei nemici" rispose Mauro.
Guglielmo Pazzo e Buonconte da Montefeltro schierarono i feditori, scorrendo senza posa il fronte d'attacco. Le froge dei destrieri sbuffavano vapori caldi. I vessilli le bandiere gli stendardi muovevano i colori dell'orgoglio ghibellino.
Il Vescovo levò la mazza ferrata: "Vincete! Per Dio e per San Donato!"
"San Donato cavaliere!" gridò Guglielmo Pazzo.
"San Donato cavaliere" gli fece eco l'intero esercito, e i feditori partirono alla carica, sollevando un polverone dalla terra che tremava sotto i colpi degli zoccoli di trecento destrieri.
"Narbona cavaliere!" fu il grido di risposta delle schiere guelfe, che però non si mossero, aspettando il cozzo degli assalitori.
Il brontolio del galoppo si mutò presto nel fracasso dello scontro, ferro su ferro, lama su corazza, ascia su scudo, e le grida dei primi feriti, e i nitriti dei cavalli colpiti dalle aste lunghe dei pedoni...
La  mazza del Vescovo spinse all'attacco il grosso della cavalleria, e subito dietro le migliaia di fanti. I fiorentini si scomposero, i palvesi arretrarono, i pedoni ripiegarono fino alle salmerie in fondo, ma non si sbandarono di fronte al tremendo urto dei cavalieri aretini.
La campana di Strumi suonò l'ora sesta e i nembi minacciosi continuarono ad avanzare.
Sul fianco destro dello schieramento guelfo, i senesi stavano per soccombere all'assalto di Buonconte e dei suoi. Lo scontro non aveva fine, con esiti incerti.
Poi, sull'altura che chiude la piana a mancina, Corso Donati mosse la sua riserva di pistoiesi, e calò come un maglio sul fianco destro dei cavalieri d'Arezzo.
La mazza di Guglielmino ordinò allora a Guido Novello di muovere i propri uomini, ma quello non rispose.
Il Vescovo chiese a Mauro: "Che vedete, mio giovane amico?"
"Niente di glorioso, mio signore, niente che parli di vita o di vittoria. Solo morte e sangue".
Un lampo squarciò l'aria, mentre la riserva di Corso Donati faceva strage degli aretini.
"Quanti ne possiamo salvare?" domandò il Vescovo.
Nessuno rispose, e allora lui si sfilò la mitria, calò sul capo l'elmo coi colori degli Ubertini e si lanciò nella mischia.
"Guglielmino è caduto! Il Vescovo è morto!"
L'urlo vittorioso dei guelfi si soprappose ai rintocchi di Strumi che scandivano l'ora nona. Il temporale si scaricò violento sulla piana, spegnendo con l'afa le speranze dei ghibellini.

"Fu la detta rotta dì undici di giugno, il dì di San Barnaba, in uno luogo che si chiama Campaldino, presso a Poppi" Dino Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi.




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