domenica 12 marzo 2017

ANTONIO detto NERONE: Capitolo primo

Voglio scrivere alcune cose della nobil Città di Arezzo per mostrare agli Uomini quanto per lo più coloro s'ingannino, i quali biasimando i presenti tempi, vanno sempre lodando i passati. (G.Rondinelli - Relazione sopra lo stato antico e moderno della Città di Arezzo, 1583)

Estratto dal capitolo primo del romanzo "ANTONIO detto NERONE"

A dì 26 di febbraio del 1490, in venerdì.
Arezzo, Spedale della S.S. Annunziata.

Verso sera un'ombra avvolta in un logoro mantello imboccò la Via Sacra. Con la mano teneva il lembo del cappuccio calato sulla testa per proteggersi dal vento forte. Dopo pochi faticosi passi il pellegrino venne investito da una tempesta d'acqua e grandine. Voleva affrettarsi, ma i piedi, mal protetti da un paio di sandali leggeri, affondavano nel fango d'una via divenuta pantano.
Un temporale può far paura, ed era la paura a muover le sue gambe verso lo Spedale della Santissima Annunziata ormai vicino. Finalmente, fradicio e inzaccherato, arrivò a sospinger la porticina, grato a chi l'aveva accostata senza chiuderla.
Una volta dentro, gli giunsero dalla cucina voci concitate: altri eran corsi al riparo dall'improvvisa bufera. Sentiva il crepitio rassicurante del fuoco, ma rimase nel vestibolo. Si sfilò il mantello zuppo e la luce agitata d'un unico cero illuminò un viso giovane ma scarno e un corpo troppo magro, scosso da un tremito irrefrenabile.
Sedette su un vecchio sgabello e pian piano si calmò. All'inizio dell'Avvento era partito dalla sua Liguria per un pellegrinaggio alla Madonna di Loreto.
Soffriva di mal caduco e le crisi epilettiche lo accompagnavano fin da bambino.
"Vai a Loreto" gli disse sua madre. "Lei ti parlerà e tornerai guarito".
A Loreto la voce della Madonna non s'era fatta sentire, ma almeno non aveva avuto più crisi. Così prese la via del ritorno tenendosi stretta ancora qualche speranza.
Arrivato ad Arezzo salì alla Cattedrale a pregare san Donato protettore degli epilettici, ma non era successo niente e avvertì la sua fede vacillare come la fiammella del cero che lo illuminava.
La fiammella d'un cero... si chiese cosa ci stesse a fare nel vestibolo d'uno Spedale, quando udì un pianto sommesso sovrapporsi alle voci che venivano dalla cucina.
Pareva un pianto di donna. Ma non era lo Spedale degli Uomini, quello? Scostò la cortina dietro il cero e il pianto zittì. Due occhi severi lo guardarono. Lui sbiancò, scattando all'indietro, ma era solo il simulacro d'una Madonna triste, che sorreggeva il suo Bambino benedicente. Tutti e due lo fissavano. Poi riprese il pianto, sommesso. Era lei. La Madonna piangeva.

3 commenti:

  1. Cominciare la cronaca di una rivolta col racconto d'un miracolo può apparire insolito, tanto più che il pianto della Madonna delle Lacrime non fu un miracolo "utile": non guarì nessuno, non fece cessare terremoti o epidemie né carestie.
    E tuttavia quella Madonna divenne patrona di Arezzo e lo restò per tre secoli, fin quando, come diceva mons. Tafi, il Conforto non soppiantò le Lacrime.
    Quel pianto ci parla dell'Arezzo del tempo: una città disperata, affamata, oppressa da oltre un secolo di dominazione, che s'attacca al miracolo come una speranza di salvezza.
    Firenze era chiamata "la Dominante" e questo la dice lunga sulle condizioni di vita dei "dominati".
    C'erano stati diversi tentativi di rivolta, uno appena l'anno precedente, tutti soffocati nel sangue. Non restava dunque che sperare in un miracolo.
    D'altronde anche oggi il bisogno di miracoli fa parte di noi: speriamo in un miracolo (magari della scienza) quando siamo gravemente malati, o in un prodigio monetario (lotterie) che risolva le difficoltà economiche, e via di questo passo. Il miracolo fa parte di noi.
    Figuriamoci all'epoca quando di scienza ce n'era davvero poca e la fame era esperienza quotidiana di quasi tutti.
    Alla Madonna delle Lacrime si può credere o no, come del resto ad ogni miracolo. Avvenne durante un violento temporale e i soffitti del tempo non erano certo a tenuta, in un ospizio, poi! I testimoni accorsi potrebbero benissimo essersi suggestionati a vicenda e non è una prova il fatto che il pianto continuasse anche dopo la fine del nubifragio.
    Tant'è: il miracolo domanda fede e restituisce speranza. Se la Madonna piange vuol dire che il mondo è sbagliato, che qualcosa bisogna fare: è un avvertimento ed un invito all'azione.
    In questo senso il miracolo del 26 febbraio 1490 contribuì a preparare il terreno alla rivolta del 1502.

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  2. Conosco già l'autore ed apprezzo lo stile, fluido nella scrittura, preciso nel riferire eventi,i capitoli si ricollegano benissimo,e minuzioso nei particolari,che dire un libro da consigliare,senza dimenticare i libri precedenti,una lettura interessante e piacevole.

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    1. Grazie. Una lettura interessante e piacevole è il primo obiettivo di ogni libro, credo. Sicuramente è il mio sforzo principale. Un libro deve piacere, scorrere, farsi leggere con la voglia di andare avanti per scoprire cosa viene dopo, come in un buon gelato. E per questo non c'è bisogno che sia un giallo. Un libro deve interessare, offrire spunti diversi e continui, perché alla fine il lettore deve essere un po' più ricco di quanto lo abbia pagato.

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